Laugenbrot: pretzel buns, la versione panino dei pretzels

Retorico ma vero: anno nuovo = buoni propositi. Propositi di quelli seri, da scrivere sull’agenda, nuova anche quella, con un bell’inchiostro blu e il numerino prima della voce, tanto per dare anche una priorità di importanza a questa lista. Propositi che di certo avranno molto in comune con almeno l’80% della popolazione occidentale mentre alcuni di questi sembrerebbero a dir poco ridicoli a tutti quei paesi che non hanno di che mangiare alias i problemi di chi non ha problemi: fare più movimento, mangiare sano, riuscire a trovare il modo per dormire la notte, dedicare più tempo agli amici, impegnarmi di più con la fotografia, essere zen quando guido, applicare la gentilezza anche con chi non se lo merita ma solo per farlo sentire una cacca, passare meno tempo sui social, dedicarmi a qualche tipo di volontariato, prendere le cose con calma che sennò una sola pasticca per la pressione non mi basta più. E cosa mi fa rilassare più di ogni altra cosa? Fare il pane e guarda caso la prima ricetta di Re-cake per l’anno nuovo è giust’appunto un bel pane: i Laugenbrot, pretzel buns per realizzare i quali si usa la tecnica di panificazione Laugengeback cioè quella di immergere il pane in acqua bollente e soda caustica prima di passarlo in forno. In ambito domestico la soda caustica lascia il posto al bicarbonato di sodio per ovvi motivi e molti sono i pani per i quali si usa questo sistema, in primis i pretzels dai quali prendono il nome questi panini, ma anche i bagels, nonostante le origini siano completamente diverse infatti i brezels sembrerebbero avere origine nei monasteri italiani e francesi, mentre i bagels sono un tipico lievitato della cucina polacca ed ebraica. Tuffare il pane nell’acqua prima della cottura finale in forno dona alla mollica una qualità densa, compatta e gommosa quel tantino che rende piacevole la masticazione ed è bello pensare come questo singolare metodo di cottura unisca culture e religioni tanto diverse tra loro. Una magia che spesso solo la cucina sa fare. Ringrazio quindi le amiche di Re-cake 2.0 per aver contribuito a farmi spuntare almeno una voce dell’elenco dei propositi per il 2018 ed invito chi mi legge a fare lo stesso, cercando nei movimenti lenti e ripetitivi della panificazione una sana alternativa al Valium, alternativa che tra l’altro ha  come unico effetto collaterale quello di eccedere col pane perché si sa, fatto in casa é più buono. A voi la scelta ?


Laugenbrot: pretzel buns, la versione panino dei pretzels

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Laugenbrot: pretzel buns
Immaginate di poter farcire dei pretzels: esattamente questo sono i Laugenbrot. Stesso procedimento, stessa consistenza, stesso profumo. Assolutamente da provare!
Tempo di preparazione 15 minuti
Tempo di cottura 20 minuti
Porzioni
panini
Ingredienti
Impasto
Per la bollitura:
Tempo di preparazione 15 minuti
Tempo di cottura 20 minuti
Porzioni
panini
Ingredienti
Impasto
Per la bollitura:
Istruzioni
  1. Mettete nella vasca della planetaria 150 g di farina presi dal totale, l’acqua, lo zucchero e il lievito. Impastate brevemente e fate lievitare per 30 minuti.
  2. Una volta trascorsi i 30 minuti di riposo aggiungete la farina restante, il burro ed il sale.
  3. Impastate fino a ottenere un impasto liscio quindi formate una palla, coprite con pellicola e fate lievitare per altri 30 minuti circa.
  4. Dividete l’impasto in pezzi del peso di 35 grammi e pirlateli in modo da ottenere delle palline.

  5. Lasciatele riposare per 20 minuti.


  6. Mentre riposano, in una casseruola larga portate ad ebollizione acqua, sale e bicarbonato, preparate una teglia rivestita da carta forno e preriscaldate il forno a 200°.
  7. Immergete 7 o 8 panini per volta volta nell’acqua e fate cuocere per circa 30 secondi.


  8. Rimuoveteli con una schiumarola e metteteli sulla teglia preparata.
  9. Cospargeteli con il sale ed i semi di sesamo o papavero.

  10. Utilizzando un coltello molto affilato oppure una lametta, effettuate due tagli sulla superficie di ciascun panino.

  11. Cuocete per 15 minute o comunque finché i panini non saranno ben dorati.
  12. Serviteli tiepidi.
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Con questa ricetta partecipo al primo Re-cake del 2018, quello di Gennaio . Qua la pagina Facebook

 

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Metti le vacanze di Natale. Metti che dopo il primo comprensibile momento della serie “se volete fare qualcosa non chiamatemi nemmeno perchè io da questo divano mi alzerò solo l’8 di gennaio” l’immobilità venga anche un pò a noia, metti il consorte che torna all’attacco con quello che mi propone dal 15 novembre e metti anche che si vengano a creare tutte le condizioni essenziali grazie alle quali l’adolescente ci regali la sua presenza ed ecco che strizzati in 5 in macchina e con un contenitore termico grande quanto tutto il bagagliaio si parte alla volta di Bologna per visitare il nuovo tormentone di queste vacanze natalizie: Fico, Fabbrica Italiana Contadina, l’appena inaugurato Parco agroalimentare più grande del mondo. Due numeri: 100.000 mq tra dentro e fuori  dei quali 2 ettari di orti e allevamenti, 45 luoghi di ristoro tra bar, pizzerie, stalls di street food ed anche qualche ristorante stellato, 40 marchi presenti direttamente dentro al parco con le loro fabbriche-laboratorio, 100 botteghe artigiane, 10 aule didattiche, 6 giostre tematiche ed un giro d’affari annuo stimato in 80 milioni di euro. Grande, talmente grande che é stata approntata una pista ciclabile che lo percorre tutto e biciclette Bianchi su 3 ruote con tanto di cestino davanti e dietro per poter caricare il cibo che si “raccoglie” lungo il percorso. Immaginate dunque una sorta di Disneyland alimentare, una vetrina permanente della filiera agroalimentare italiana: il sogno di ogni foodblogger e non solo, promossa da Caab (il locale Centro Agroalimentare), firmata Oscar Farinetti, il patron di Eataly e gestita dalla Eataly World, joint venture tra Eataly e Coop. Un progetto che vuole celebrare la straordinaria biodiversità della nostra Italia e che dovrebbe muovere 6 milioni di visitatori l’anno, 2 dei quali stranieri, con una navetta interna a brand Trenitalia, ingresso gratuito come pure il parcheggio almeno per le prime ore ed ottimi collegamenti ferroviari sia verso il Nord che verso il Sud. E la cosa funziona, eccome se funziona. Tutto ben organizzato, cominciando dagli spostamenti interni. All’entrata si trova subito il noleggio gratuito delle bici. In cambio di un documento di identità si ricevono le chiavi e delle buste che serviranno da shopper per i nostri acquisti. Se volete un consiglio prima date una rapida occhiata su 3 ruote in modo almeno da capire grossomodo quali aree vi interessano di più e poi parcheggiate la bici in prossimità di queste aree e approfondite la visita a piedi. Le cose da vedere sono davvero tante e si rischia veramente di confondersi e tralasciare ciò che ci interessa davvero. Una cosa: prima di visitare Fico, credevo che il luogo fosse una specie di nicchia delle eccellenze artigianali italiane. Niente di più lontano dalla realtà perchè, stalls a parte, le aziende rappresentate sono realtà affermate e di qualità  ma di certo non artigianali: Parmigiano Reggiano e Grana Padano, Pasta Di Martino, Granarolo, Venchi, Mutti, Balocco, Lavazza, quindi non aspettatevi di trovare quella formaggella tanto buona che avevate assaggiato in quel ristorantino in Basilicata altrimenti resterete delusi. Geniale poi la formula secondo la quale puoi raccogliere i prodotti che vuoi liberamente e poi, prima di uscire da Fico passare dalla cassa e pagare tutto insieme. C’è anche il bazar di Fico, un compendio dei prodotti che avrete visto negli spazi dei singoli marchi ma attenzione perchè di ogni brand troverete solo qualche articolo. Per farvi un esempio, mi sono fermata nel bellissimo spazio della Pasta Di Martino che con le sue nuove confezioni firmate Dolce e Gabbana attira davvero lo sguardo e sono rimasta a dir poco stupita di quanti diversi formati di pasta vi fossero esposti. Ora, io della Pasta Di Martino ho sentito parlare per la prima volta da Teresa De Masi, del blog Scatti golosi e fondatrice del leggendario forum Gennarino.org;   Quando ha finalmente incominciato ad apparire nei supermercati di zona l’ho provata e l’ho trovata ottima ma come formati avevo visto solo spaghetti, penne, linguine e fusilli ed io adoro cambiare i formati ogni giorno. Beh, ho scoperto che in realtà il problema sta nella distribuzione dei supermercati perchè a Fico hanno qualcosa come 35 formati diversi e mi hanno assicurato che quelli di loro produzione sono molti di più. Comunque, non ho comprato pasta perchè credevo di trovarla nel bazar ma quando sono arrivata lì ne avevano solo 6 formati e quindi sono dovuta ritornare indietro (e non è affar di due passi) ed andare a fare incetta direttamente nello spazio Di Martino dove tra le altre cose ho avuto il piacere di incontrare Teresa De Masi che mi ha suggerito anche qualche formato speciale che non avevo notato come anche qualche ricettina veloce tipo la pastina piccola risottata. Stessa cosa per le farine. Nello spazio del Molino Grassi ci sono tanti tipi di farine compresi i pacchi da 5 kg ed anche lì ho pensato di acquistarne alla fine ed invece sono dovuta tornare indietro a fine giro. Quindi occhio che ogni lasciata è persa. Altro suggerimento: non vi buttate subito a mangiare le prime cose che vedete. I prezzi non sono propriamente a buon mercato e i ristori tra i quali districarsi sono veramente tanti quindi scegliete con cura perchè non ce la farete mai ad assaggiare tutto quello che vorreste. Quello che resterà di fuori segnatevelo per la prossima volta, tanto ci ritornerete di certo. Sempre a proposito del cibo, non pensate di ritardare il momento del pasto credendo di trovare meno affollamento. Niente di più sbagliato: se mangiate tardi non troverete un buco dove sedervi e vi potrebbe anche capitare di non riuscire a mangiare quello che vorreste perchè è terminato. Noi, trovandoci a Bologna volevamo mangiare della pasta fresca e ci siamo fermati da Sfogliamo ma dopo aver atteso oltre 15 minuti con il nostro scontrino in mano osservando golosamente piatti di pasta fumanti che ci passavano sotto il naso, siamo stati informati che purtroppo i tortelloni di ricotta erano finiti ed abbiamo dovuto scegliere tra quello che era rimasto. Verso le 12 avevo invece notato che nei ristori le persone erano tutte sedute comodamente quindi forse è meglio non fare proprio colazione o comunque arrivare con lo stomaco vuoto pronto ad essere riempito. Attenzione anche alle biciclette. Caricate davanti e dietro con sacchi di farina, pacchi di pasta, riso e barattoli di pelati come ho fatto io, diventano veramente difficili da gestire, soprattutto curvando e considerate anche che, come spesso purtroppo accade, c’è anche qualche cretino che scambia Fico per Monza e sulla sua bici Bianchi falcia tutto ciò che trova sul cammino. Idioti a parte, Fico merita veramente una visita. A parte me, che come foodblogger ero particolarmente interessata, ha fatto impazzire anche l’adolescente in folle corsa da uno stall all’altro nel patetico tentativo di riuscire ad assaggiare tutto quello che lo stuzzicava. Inutile dire che ha fallito miseramente ma sogna ancora oggi gli arrosticini del ristoro abruzzese che pare fossero eccezionali. Quanto a me dopo un mezzo piatto di pasta ripiena, un pò di focaccia con lo squacquerone, una sigaretta con la panna alla pasticceria siciliana ed un gelato al cremino di Venchi non sono riuscita a mangiare altro, nonostante avessi già segnato sul cellulare la posizione per dei meravigliosi piccoli cheesecake salati con formaggio e piadina croccante, dei golosissimi bicchierini di couscous  e una zuppa di pane e cavolo che mi diceva “mangiami mangiami”. Vorrà dire che sarà per la prossima volta ?


 

Credits: Il Sole 24 Ore   Il Gambero Rosso

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Come ogni anno anche questo dicembre abbiamo tirato giù dalla soffitta le innumerevoli scatole di addobbi natalizi ma con una novità: dopo una serie infinita di Natali in cui avevo addobbato un albero finto per ovvie ragioni, quest’anno già a novembre avevo deciso che l’adolescente avrebbe dovuto, almeno una volta nella vita, provare l’emozione di addobbare un vero abete, uno di quelli che appena entri in casa capisci subito che c’è, il profumo che ti entra subdolo nelle narici con la magica qualità di riportarti, per tutta la vita, col naso sollevato ad osservare le sue lucine con la stessa faccia speranzosa di quando avevi 5 anni.  Abbiamo scelto con cura le palline da appendere, le nuove, acquistate da quando c’è l’adolescente, insieme a quelle che mettevo sull’albero quando ero piccola; abbiamo acceso innumerevoli volte le luci per controllare che fossero distribuite bene, spostandole e rispostandole fino a quando non ci è sembrato che tutto fosse nel giusto ordine e quindi abbiamo finalmente iniziato ad appendere le palline. C’era la musica giusta, una compilation di Natale di quelle serie, con pezzi di Elvis, Bing Crosby, Aretha Franklin, insomma, l’atmosfera perfetta per sentire nel cuore, fin nel profondo del cuore, la straordinaria magia del Natale ed ero assurdamente orgogliosa di essere riuscita, una volta tanto, a fare l’albero da sola, senza aiuti. E mentre questa consapevolezza mi scaldava il cuore, l’adolescente si gira, si allontana un attimo dall’albero, lo guarda con aria schifata e poi sentenzia: “Questo è l’albero di Natale più brutto che io abbia mai visto. È storto, spelacchiato, le luci sono messe male, i rami non scendono quindi non riusciremo mai ad appendere la maggior parte delle palline, gli aghi mi hanno bucato mani e polsi lasciandomi tutti dei puntini rossi.. ma che ti è venuto in mente? Io rivoglio l’albero dell’anno, almeno era finto ma bello. Guarda, se dobbiamo avere un albero così brutto, meglio non averlo proprio” Ed ha incrociato le braccia rifiutandosi di proseguire. In effetti, a dirla tutta, a me qualche dubbio era anche venuto. Intanto, quando il consorte me l’aveva piazzato in soggiorno ed aveva tagliato il cordino che teneva sollevati i rami, questi erano rimasti sollevati come se fossero ancora legati, ma ero stata rassicurata dal parentado sul fatto che pian pianino i rami sarebbero calati permettendomi di attaccare le palline. E poi avevo notato che gli aghi erano strani, secchi e steccoluti, non quelli belli grassi e spessi che mi ricordavo e poi il profumo, che beh, un poco si sentiva, ma non mi faceva tornare subito bambina come mi ero immaginata. Ma la magia del Natale è più forte di queste quisquiglie e quindi ho proseguito imperterrita a provare ad attaccare le palline nonostante fosse un’impresa quasi impossibile con i rami che si ostinavano a rimanere verticali. “Ma dai, non importa se non è bellissimo. È il nostro albero. Nessuno ne ha uno uguale..” ho tentato di convincerlo. ‘E ci credo. Brutto così è difficile trovarne un altro” mi ha risposto e mi ha abbandonata per mettersi a giocare alla Play. Per cercare di salvare l’atmosfera che si stava irrimediabilmente guastando, sono corsa a chiamare mia sorella chiedendole aiuto almeno per quello che riguardava le luci e così sono arrivati lei, mio cognato e mia mamma. Mia sorella e mio cognato hanno provveduto a togliere completamente il filo delle lucine che io ero stata tanto orgogliosa di essere riuscita a mettere e in breve sono riusciti a dare al nostro albero un aspetto se non proprio normale ma almeno un po’ più vicino all’idea che abbiamo dell’albero di Natale. Mia madre invece se ne è stata un po’ lí zitta a guardare e poi ha sentenziato: “Non vorrei essere proprio io a dirtelo, ma mi sa che ti hanno venduto un abete tarocco”. Alla fine l’albero lo abbiamo dovuto addobbare con i guanti da giardiniere, tanto i suoi aghi pungevano e il giorno dopo avevamo tutti e due mani e polsi segnati da tanti puntini rossi che prudevano e bruciavano. Continua ad avere una forma strana, i suoi rami continuano ostinatamente a volgersi verso l’alto facendo cadere ogni tanto qualche pallina che non riesce a sfidare la pendenza ma lui resta lì, orgoglioso della sua diversità e ogni tanto, solo ogni tanto, riesce anche a farmi alzare la testa verso le sue lucine facendomi credere per un attimo di avere ancora 5 anni.

 

Qui di seguito ho messo un’idea di menù ovviamente vegetariano con qualche escursione etnica per la cena della vigilia o pranzo di Natale. Dateci un’occhiata e valutate. Per una volta, magari, potreste anche proporre un menù di tipo diverso, perchè no? Ricordo sempre che una vigilia sfidammo la tradizione mangiando cinese con immenso piacere di tutti a parte il consorte che lo odia e la suocera che ebbe feroci mal di stomaco (a sentir lei) fino a Capodanno ?

E siccome il Natale è la festa delle famiglie ed ognuno deve stringersi alla propria è probabile che non ci saranno altre occasioni di postare fino alla fine delle vacanze. Buon Natale quindi e peace and love a tutti voi ❤

 

Antipasto:

Aloo palak tikki

Bocconcini fritti di riso Basmati e gamberi

 

 

Primi piatti:

Cappellacci di patate e porcini con fonduta di taleggio 

Paccheri farciti con burrata e sauté di carciofi

 

 

Secondi piatti:

Bavarese lievitata con crema di ricotta e verdure saute

Goat cheese tomatoes and basil tart

Lenticchie di Castelluccio con pomodorini confit e gorgonzola

 

 

Pani speciali:

Grissini di semola alla confettura di cipolle

Garlic breadsticks

Stelle di farro con sidro e cipolle

 

 

Biscotti e cioccolato:

I Cavallucci di Siena

Paste di mandorla

Albero di Natale

 

 

Dolci:

Zuccotto toscano

Chocolate, almond and ganache pound cake

Crostata alle arance e ricotta montata

 

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zuccotto toscano particolare fetta

Prima di cominciare, voglio chiarire da subito che il titolo del post è volutamente ironico dato che, come ben si sa, proclamare di una ricetta che la tua è quella vera, attira gli strali delle talebane del web. Voglio anche chiarire però che, Montersino non me ne voglia, quello che lui chiama “zuccotto toscano” non é esattamente quello che si mangia in Toscana e qui mi fermo, appena in tempo per non scatenare le ire di chi sopra ?. Lo zuccotto del quale voglio parlare oggi è la versione di quando ero piccola, quindi vecchia di svariati lustri, aimè, ed è come tutte le ricette toscane, sostanzialmente semplice se non fosse per la sua storia che pare risalga al sedicesimo secolo e che lo colloca di diritto tra i primi semifreddi della storia. Dove cominci la realtà e finisca la fantasia io non so dirlo ma pare comunque cosa certa che l’idea sia venuta al fiorentino Bernardo Buontalenti,  architetto, pittore, scultore e grande appassionato di cucina, al quale Caterina II de’Medici, in occasione di un banchetto per l’arrivo di importanti personalità spagnole, aveva richiesto di stupire i commensali “facendo rimanere gli stranieri, spagnoli per giunta, come tanti babbei”. E Buontalenti se ne uscì con questo semifreddo sulla cui forma si dibatte ancora (si dice che il Buontalenti al banchetto servì lo zuccotto all’interno di elmi chiodati da combattimento, zucchetti appunto, ma qualcuno invece afferma che il nome si debba al copricapo colorato degli alti prelati chiamato anche questo zucchetto e che talvolta è colorato di un colore molto simile all’alchermes). Comunque sia andata, la prima versione dello zuccotto era semplice pan di spagna imbevuto di alchermes e all’interno ricotta zuccherata, agrumi canditi, nocciole (oppure mandorle) e forse granella di fave di cacao. Niente meringa, crema pasticciera, salsa al cioccolato, rum. Ma la semplicità della ricetta è inversamente proporzionale alla straordinarietà dei sapori perchè credetemi, qua si parla di libidine pura. In un dolce con così pochi ingredienti la cosa fondamentale, ovviamente è la qualità degli stessi quindi la ricotta, che deve essere freschissima. Anche gli agrumi canditi devono essere di ottima qualità (io uso quelli siciliani) e l’alchermes potreste comprarlo qua, così con l’occasione visitereste una delle farmacie più belle del mondo (e vuotereste il portafogli con estrema velocità perchè il vero alchermes è carissimo). In quanto al pan di spagna io uso quello di Massari e quindi vi metterò la sua ricetta. Non c’è altro da dire se non che lo zuccotto non manca mai sulla mia tavola a Natale. Ha i giusti colori, un gusto strepitoso, costa poco (a patto di non comprare l’alchermes alla Farmacia di Santa Maria Novella), si prepara in un attimo, si può surgelare ottimizzando la preparazione del pranzo di Natale e vi farà fare un figurone quando lo porterete in tavola. Cos’altro vi serve per convincervi a correre in cucina?

zuccotto intero nel particolare

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Zuccotto toscano: quello vero!
Tempo di preparazione 45 minuti
Tempo di cottura 20 minuti
Tempo Passivo 12 ore
Porzioni
Porzioni
Ingredienti
Pan di spagna:
Per il ripieno:
Sciroppo di alchermes:
Finitura:
Tempo di preparazione 45 minuti
Tempo di cottura 20 minuti
Tempo Passivo 12 ore
Porzioni
Porzioni
Ingredienti
Pan di spagna:
Per il ripieno:
Sciroppo di alchermes:
Finitura:
Istruzioni
Pan di Spagna:
  1. Mettete nella planetaria le uova insieme allo zucchero, al sale e ai semini della vaniglia e montate con la frusta per circa 20 minuti a media velocità.
  2. Setacciate farina e fecola ed incorporate al composto di uova delicatamente a pioggia.
  3. Versate in uno stampo da 24 cm imburrato ed infarinato.
  4. Cuocete per 20 minuti in forno preriscaldato a 190-200° con valvola aperta, quindi con qualcosa che tiene una fessura dello sportello del forno aperto, tipo una pallina di carta alluminio o simili
  5. Una volta cotto sfornatelo e fate raffreddare per bene.
Ripieno:
  1. Prima di tutto se vi è possibile, mettete la ricotta in frigo all’interno di un colino per farne uscire tutto il siero.
  2. Mettete la ricotta e lo zucchero all’interno della vasca della planetaria e montate con la frusta a filo a velocità sostenuta per 10 minuti. Dovete ottenere una crema molto liscia.
  3. Unite alla ricotta gli agrumi canditi tagliati a quadrettini, le ciliegine divise in 4 e le nocciole tostate tritate molto grossolanamente.
Sciroppo di alchermes:
  1. Mettete l’acqua e lo zucchero in un pentolino piccolo ed aspettate che lo zucchero sia completamente disciolto.
  2. Fate raffreddare (io nell'abbattitore per 10 minuti) e quindi unite l’alchermes.
Montaggio:
  1. Foderate uno stampo da zuccotto di 20 cm. con pellicola trasparente alimentare lasciandone abbastanza da coprire anche il fondo, una volta riempito lo stampo.
  2. Tagliate il pan di Spagna a fette sottili e rivestitene lo stampo lasciandone alcune per foderare il fondo.
  3. Utilizzando un pennello, bagnate bene il pan di Spagna con lo sciroppo di alchermes.
  4. Riempite con il composto di ricotta quindi chiudete con le fette rimaste e bagnate anche queste con l’alchermes.
  5. Chiudete con la pellicola trasparente e mettete per una notte a riposare in frigo per far assestare lo zuccotto. Con l'abbattitore io l'ho subito portato a +3 e poi trasferito in frigo per la notte.
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zuccotto toscano con una fetta mancante

zuccotto intero con sfondo natalizio

Credits:   Wikipedia   Dante Zaragoza    Taccuini storici

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pie di pere e frutti di bosco

Questa pie di pere e frutti di bosco in realtà è stata consumata settimane fa ma purtroppo non avevo ancora avuto modo di mettere mani alle foto per poter pubblicare. Ultimamente infatti ho molto trascurato il blog perchè, come sempre succede in questo periodo, ogni mio momento libero è stato dedicato alla realizzazione delle ricette per il compleanno dell’adolescente che il 14 ha festeggiato i suoi sedici anni. La gestione è complicata perché le feste sono in realtà due: la prima, la sera stessa del compleanno, che è la cena con i parenti e poi il sabato seguente la giornata con gli amici. La festa con gli amici è una maratona che comincia verso le 15 e che termina solo verso le 23, con merenda e cena incluse e le cose da preparare sono veramente tante. Quest’anno è stato tutto ulteriormente complicato dal fatto che avevo appena cambiato il congelatore e quindi ho potuto cominciare a preparare le scorte solo 2 settimane prima del compleanno; devo dire però che da quando ho comprato l’abbattitore l’organizzazione si è molto semplificata: i panini al latte li ho cotti, riempiti con gli affettati ed surgelati e il giorno della festa è bastato tirarli fuori dal congelatore 1 ora prima e metterli nei vassoi, stessa cosa per i cannoncini di pasta sfoglia che ho cotto, riempito di panna montata e subito surgelati. Avevo surgelato anche le pizzette, i bicchierini di cheesecake ai mirtilli, i cestini di cioccolato riempiti di tiramisù  e la torta, quindi alla fine è stato solo un discorso di sistemare casa e comprare le ultime cose ma almeno il cibo non è stato un pensiero. Ora però si ritorna ai santi propositi visto che ci avviciniamo rapidamente alla grande maratona godereccia del Natale ma non potevo proprio saltare nuovamente quello che per me è un appuntamento graditissimo che da tanto scandisce i miei mesi: il Re-cake. La ricetta di Novembre (e ci rientro in corner) è questa stupenda pie di pere e frutti di bosco. A dirla tutta io non sono un’amante di questi dolci principalmente perchè di solito non mangio frutta e soprattutto non mangio assolutamente mele cotte ma mi attiravano molto i frutti di bosco del ripieno ed avevo giusto i mirtilli dell’Abetone gelosamente custoditi nel congelatore che attendevano di essere consumati e così pie è stata ed è assolutamente valsa la pena correre per pubblicarla perchè la ricetta è semplicemente perfetta. L’aspro dei frutti mitigato dalla pera e la panna che regala ad ogni fetta quella punta di zucchero necessaria ad esaltarne il sapore.. Ricetta promossa con lode per quel che mi riguarda e grazie alla cape di Re-cake che davvero non ne sbagliano una e prima o poi troverò il tempo di provare anche le Re-cakes del passato, quelle di quando non avevo un blog, una vera miniera d’oro che mi aspetta. Intanto però vi lascio con questa pie che potrete anche congelare a fette ed avere sempre disponibile quando vi prende la voglia di qualcosa di goloso.

pie di pere e frutti di bosco

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Pie di pere e frutti di bosco
Tempo di cottura 1 ora e mezzo
Porzioni
8 porzioni
Ingredienti
Per l'impasto:
Per il ripieno:
Tempo di cottura 1 ora e mezzo
Porzioni
8 porzioni
Ingredienti
Per l'impasto:
Per il ripieno:
Istruzioni
  1. Per l’impasto:
  2. Mettete la farina e il sale nel mixer ed azionatelo brevemente per mescolarli.
  3. Aggiungete il burro e mescolate di nuovo finché non otterrete briciole di impasto.
  4. A questo punto unite l’acqua ma un pochino per volta, frullando tra un’aggiunta e l’altra. L’impasto deve risultare compatto se premuto tra due dita.
  5. Trasferitelo sul piano di lavoro e riunite le briciole insieme fino a formare una palla.
  6. Dividetela a metà e formate due dischi appiattiti.
  7. Rivestiteli di pellicola trasparente e trasferiteli in frigo per almeno 30 minuti e fino ad un massimo di 2 giorni.
Per il ripieno:
  1. In una ciotola mettete i frutti di bosco con lo zucchero e schiacciateli fino ad ottenere una purea.
  2. Unite le pere, la maizena, la cannella, la scorza di limone ed il sale e mescolate bene. Non preparate la frutta troppo prima perché con il riposo rilascerebbe troppi liquidi compromettendo la riuscita della pie.
Assemblaggio:
  1. Preriscaldate il forno a 220°.
  2. Stendete i due dischi di pasta aiutandovi con farina o su carta forno fino ad ottenere una dimensione di circa 30 cm.
  3. Trasferite il primo disco in uno stampo da 23 cm.
  4. Eliminate la pasta in eccesso e ripiegate la pasta sui bordi pizzicandola.
  5. Con l’altro disco, utilizzando degli stampini, ritagliate tante foglioline (io non avevo le foglioline ed ho fatto dei fiorellini)
  6. Mettete il ripieno all’interno dello stampo e ricoprite con le foglioline.
  7. Sbattete il tuorlo con la panna e spennellatevi la superficie della pie, quindi spolverizzatela abbondantemente di zucchero.
  8. Infornate e cuocete per 20 minuti, quindi abbassate la temperatura a 160° e cuocete ancora per un’ora e 10 minuti (con il mio forno dopo un’ora la torta era già anche troppo colorita).
  9. Fate raffreddare ma non del tutto perché dà il suo meglio se tiepida e servite con panna montata o gelato alla vaniglia ma anche la ricotta montata potrebbe essere un’ottima alternativa.
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pie di pere e frutta di bosco particolare fetta

pie di pere e frutta di bosco senza una fetta

Con questa ricetta partecipo al Re-cake #28. Questa la pagina Facebook

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