Se devo essere onesta in casa mia si è sempre mangiato bene, come probabilmente nella maggior parte delle case italiane. Ho dei ricordi ben precisi di quando, da piccola, con mia madre e mia sorella passavamo il mese di giugno in montagna. Avevamo una minuscola casetta sull’Appennino, esattamente tra la Toscana e l’Emilia Romagna. Oltre la nostra casa non c’erano altro che boschi quindi ogni gioco assumeva una dimensione fiabesca. Io e mia sorella girovagavamo tutto il giorno da sole, alla ricerca di mirtilli, lamponi e delle profumatissime fragoline di bosco, costruivamo tende indiane con i rami e coperte, cuocevamo i cardi sul fuoco anche se poi non li mangiavamo perché a nessuna delle due piacevano e soprattutto eravamo perennemente in caccia di porcini, rosselle e galletti che riportavamo a casa nei nostri cestini di vimini. Ricordo il gioco del riflesso del sole sulle foglie degli alberi, quello strano alternarsi di luce fortissima e ombra che rendeva il bosco un posto magico e misterioso, la paura che era un pò desiderio di imbattersi in un lupo, animali che ancora oggi ogni tanto scendono in quella zona, il profumo delle foglie quando le spostavamo per vedere se nascondessero qualche fungo, il luccicare dell’acqua del lago quando riempiti i cestini ci sedevamo a mangiare sui massi dondolando i piedi nell’acqua gelida. Quanto coraggio ci voleva per infilarsi nel letto, la sera e l’acqua del rubinetto al mattino era tanto gelata che faceva male ai denti. Le cose da fare, natura a parte, erano poche. Il cinema a Pievepelago, qualche viaggetto dal pastore che ci vendeva ricotta e ravioli freschi, la visita ogni due settimane alla biblioteca che per me rappresentava l’evento per eccellenza e che aspettavo contando i giorni alla rovescia. Restava tanto tempo libero e così io e mia madre pianificavamo il menù ogni settimana discutendo lungamente sui piatti da preparare. Io proponevo le cose che mi piacevano di più e venivo molto spesso accontentata anche perché mia sorella non mangiava praticamente nulla, beata lei, e quindi non era minimamente interessata a quello che le veniva posto davanti. Già a quell’età odiavo la carne e quindi i piatti che chiedevo erano per lo più pasta, sformati e torte. Era bellissimo alzarsi al mattino sapendo che a pranzo ci sarebbe stato qualcosa che mi piaceva tanto e mi godevo l’attesa almeno quanto il cibo. L’adolescente è cresciuto così e come saprebbe potuto essere altrimenti? Io faccio il menù ad inizio settimana, lo sottopongo alla sua approvazione e poi faccio la spesa di conseguenza ma nonostante questo, la prima cosa che mi chiede ogni giorno, appena salito in macchina davanti a scuola è sempre la stessa: “Cosa si mangia?” Fa anche le sue richieste, soprattutto per quello che riguarda colazione e merenda e si lamenta sempre del fatto che gli preparo un sacco di cose buone che però una volta pubblicate non appariranno mai più sulla nostra tavola. Per esempio i garlic breadsticks poverino me li chiede da quando li ho fatti la prima volta e ancora non ci ho messo mano. Nel complesso comunque questi figli di foodblogger sono fortunati, per la qualità, la varietà e l’originalità di quello che si vedono mettere davanti, tanto che a volte mi viene da pensare quanto sarà difficile il compito per le ragazze che se li prenderanno. Sarà dura superare le suocere ma per tutto questo fortunatamente c’è tempo ? Vi lascio con questi cappellacci che hanno un poco il profumo di quelle estati lontane..
Porzioni |
persone
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- 200 grammi farina 0
- 200 grammi semola di grano duro
- 2 uova
- acqua al bisogno
- 500 grammi patate con la buccia
- 200 grammi porcini congelati
- 20 grammi burro
- 70 grammi parmigiano grattugiato
- 1 scalogno piccolo
- 1 ciuffetto prezzemolo
- sale e pepe
- 200 grammi taleggio dop
- 50 grammi panna
- 30 grammi latte
- timo fresco
Ingredienti
Impasto:
Farcia:
Fonduta:
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- Per prima cosa mettete a lessare le patate intere alle quali avrete accuratamente lavato la buccia usando uno spazzolino. Mentre cuociono preparate l'impasto mettendo le farine e le uova nella vasca della planetaria. Incominciate a mescolare a vel. minima usando la K ed aggiungete l'acqua necessaria, dopo di che, appena l'impasto incomincia a compattarsi, sostituite la K con il gancio a spirale ed aumentate la velocità a 1. Impastate per 2 minuti e quindi aumentate la velocità a 2/3 per una trentina di secondi. Questo servirà a dare forza all'impasto. Fate riposare l'impasto per una mezz'ora coperto da una scodella. Preparate la farcia: tagliate finemente lo scalogno ed il prezzemolo e soffriggeteli brevemente in poco olio. Aggiungete i porcini che avrete scongelato, sciacquato e tritato grossolanamente. Salate, pepate e fate saltare a fuoco vivace per qualche minuto. Se avete lo schiacciapatate passate le patate ormai cotte senza togliere la buccia che resterà nello schiacciapatate e vi risparmierà le mani, oppure sbucciatele con attenzione e passatele immediatamente al setaccio. Mettetele in una ciotola, aggiungete il burro, il parmigiano grattugiato, i porcini, salate e pepate. Portate a bollore l'acqua in un tegame molto capiente e nel frattempo preparate la fonduta: Mettete il latte e la panna in una padella e fate riscaldare. Prima che arrivino ad ebollizione aggiungete il taleggio a pezzetti e mescolate fino a quando il formaggio non sarà completamente fuso. Togliete dal fuoco e continuate a mescolare per un poco. Salate l'acqua, cuocete i cappellacci, scolateli e versateli nella padella della fonduta con un cucchiaio dell'acqua di cottura e fate saltare brevemente. Servite cosparsi di timo fresco.
3 comments
Carissima bello il tuo racconto mi sarebbe paciuto ma sono nata troppo presto e tu tardi perchè gli anni del dopoguerra in città non era una passeggiata ed il dopo me lo sono fatta tutto con molte ristretezze ma sono ricordi. Posso immaginare l’andare per i boschi ci andrei anche oggi.
Buoni questi capppppppelllacccci. Ma difficile che li faccia a mano non mi è possibile impastare e poi sinceramente tutto sto lavoro per due… che poi lui da buon figlio di napoletano preferisce gli spaghetti però una cosa prendo nota (anche della pasta) della salsa al taleggio. Adoro questo formaggio e quando lo trovo l’acquisto sempre. Buono nelle vellutate caldo messo sul fondo si scioglie un pò e poi affondando il cucchiaio fila con quadrucci di pane tostato in forno.
Grazie della ricetta e del racconto. Buona serata.
eh va beh ma te non lo vuoi veder proprio maritare l’adolescente! chi sarebbe tanto pazza da pensare di poter competere con te in cucina? anche la pasta fresca oggi… dei cappellacci perfetti, chiusi a mano uno ad uno… con una fonduta golosa e un ripieno altrettanto invitante! mi sa che è proprio fortunato tuo figlio e tu resterai di sicuro imbattuta qualsiasi donna possa incontrare!
mi ha fatto sorridere il tuo racconto delle estati sull’appennino, io da piccola passavo le vacanze all’abetone e in generale conosco abbastanza bene la zona, sia sul versante toscano che emiliano. tu hai saputo dipingere immagini simili a quelle che vedevo io allora, con i miei occhi di bambina, e mi sono riconosciuta in queste così come nell’amore e nell’attenzione che fin da piccola avevo anch’io verso il cibo.
grazie per il racconto e per la ricetta splendida, che non penso sarò capace di rifare, ma che sicuramente ho mangiato con gli occhi!
un bacione cara!
Marò! Con i cappellacci mi hai fatto morire di fame perchè mi si scioglie in bocca solo l’idea… il colpo di grazie me lo hai dato raccontando le tue estati molto simili alle mie a Verucchio (corredata di fratello e non di sorella) e nominando i garlic bread sticks (quelli che ti ho copiato facendo dei panini tondi) che anche le mie figlie chiedono disperatamente (ma quanto buoni sono!!!!!!). Ti bascio gioia forte forte (pure all’adolescente!)