Agosto 1990. Con mio padre decidiamo di visitare il Nepal. Sette giorni insieme e poi lui tornerà a casa ed io proseguirò il viaggio da sola per altri 25 giorni. Estate calda sotto tutti i punti di vista infatti proprio mentre stiamo passeggiando per il popolarissimo quartiere di Kathmandu, Thamel, il 3 agosto, mio padre vede su di un giornale la foto di Saddam Hussein. “Cos’ha combinato ora quel cretino?” mi chiede, dato che l’articolo è in inglese. Il “cretino” ha appena invaso il Kuwait. L’ambasciata ci consiglia di rientrare in patria velocemente per l’alto rischio di chiusura degli spazi aerei ma decidiamo di restare comunque mentre tanti preferiscono ripartire subito. Kathmandu quindi si spopola e considerando che Il Nepal nel 90 non é ancora così visitato, ci offrirà scorci davvero meravigliosi e relativamente tourist free. La prima cosa che noto sono i bambini. Tantissimi, soli, i più grandicelli con in braccio i più piccoli. Faccine sporche ma sorridenti, abitini laceri, ricuciti con mille toppe, gli occhi grandi e saggi di chi ha già visto troppo. Mi circondano chiedendomi “bum bum” e giocano con dei fili saltandoci sopra a turno e nonostante tutto ridono, ridono tanto. La seconda cosa è lo stridente contrasto tra le zone popolate da nepalesi e quelle popolate da profughi tibetani che abitano principalmente nella valle di Kathmandu. Dove nelle prime c’è chiasso e confusione, nelle seconde regna il silenzio rotto soltanto dai tintinnii delle Ghanta, le campanelline rituali che stanno fuori dai templi e il cui suono è di buon auspicio e serve a scacciare gli spiriti maligni. La terza, lo smog. I palazzi coperti da uno spesso strato nero, il naso che alla sera ne pare interamente rivestito, la pelle sporca come di fuliggine, tanto che quando rimasta sola mi unirò ad un gruppetto di ragazzi e noleggeremo delle moto per raggiungere luoghi altrimenti off limits, saremo costretti a proteggerci naso e bocca dai fazzoletti, a mò di rapinatori di banche del far west. Mi sto rendendo conto che questo sta diventando un post molto, troppo lungo e quindi farò una cosa insolita per me. Qua metterò la ricetta e in seguito pubblicherò un post solo sul Nepal magari anche con qualche foto così non rischierò di annoiare chi vuol leggere solo di cucina. Chi invece fosse interessato potrà trovare nei prossimi giorni il resto della storia. Se poi vi chiedeste il perché del riferimento al Nepal in un post di cucina indiana è semplicemente perché nella settimana “di lusso” con mio padre siamo stati a mangiare all’Everest, ristorante indiano all’interno dell’Hilton. Scegliendo a caso tra i vari piatti, ne ho azzeccato uno a base di pollo veramente eccezionale immerso in un ricco sugo di pomodoro, panna e burro magistralmente speziato che abbiamo mangiato con gusto (io il sugo e mio padre il pollo) tanto che due giorni dopo siamo tornati nello stesso ristorante per mangiarne ancora ma io purtroppo non ricordavo il nome (ovviamente indiano) del piatto. Così il gentilissimo cameriere mi ha portato a far vedere i piatti dei tavoli accanto finché non siamo riusciti ad individuarlo: era il murg makhani. Murg vuol dire pollo mentre Makhani è una parola indù che significa “con il burro” e viene usata per molti piatti del Punjab. Più tardi ho scoperto che non c’era bisogno di ordinare il pollo e poi buttarlo via per mangiare solo il sugo col naan. Esiste infatti un piatto con lo stesso sugo ma che contiene formaggio al posto del pollo il cui nome è paneer (che è il formaggio) makhani. Per cucinare questo piatto l’ideale sarebbe prepararsi il paneer da soli che non è una cosa per niente difficile. La procedura è la stessa del primo sale ma il paneer andrebbe cagliato con limone o aceto e non dovrebbe essere salato. Poi viene pressato in modo che una volta aggiunto ad una preparazione calda non si fonda. A noi piace molto, ha una consistenza particolare è ottimo grigliato con le spezie, si può congelare e con il siero che avanza si prepara un’ottima ricotta. Se però non aveste voglia di cimentarvi nell’arte casearia, andrà bene anche il primo sale, il tomino fresco oppure l’halloumi che però è molto difficile da reperire. Basterà ridurre il tempo che il formaggio resterà nel sugo caldo per evitare che fonda.
Tempo di preparazione | 10 minuti |
Tempo di cottura | 20 minuti |
Porzioni |
porzioni
|
- 250 grammi paneer oppure primo sale o tomino fresco
- 3 cucchiai olio di semi di girasole
- 4 semi di cardamomo verde schiacciati
- 2,5 cm cannella
- 3 spicchi aglio grattugiato
- 2 cm ginger grattugiato
- 150 grammi cipolla tagliata sottile
- 2 cucchiaini coriandolo in polvere
- 1/2 cucchiaino curcuma
- 1/2 cucchiaino peperoncino in polvere
- 30 grammi burro
- 1 cucchiaino sale
- 1,5 cucchiaio zucchero
- 150 grammi passata di pomodoro
- 60 grammi panna fresca
- 1/2 cucchiaino garam masala
- 2 cucchiai coriandolo fresco tritato oppure prezzemolo
Ingredienti
|
|
- Solo in caso aveste fatto il paneer in casa, fate bollire dell'acqua in una pentola piccola ed aggiungetevi il paneer tagliato a cubetti. Riportate al bollore e fate cuocere 1 minuto quindi scolate. In questo modo il paneer assorbirà al meglio i sapori.
- Mettete una padella antiaderente/wok a fuoco basso ed aggiungete l'olio. Appena sarà caldo unite i semi di cardamomo e la cannella e soffriggete per 20 secondi.
- Ora aggiungete l'aglio, il ginger e la cipolla e cuocete a fuoco vivace per 5 minuti o comunque finché la cipolla non si ammorbidirà. Unite il coriandolo, la curcuma ed il peperoncino in polvere
- Abbassate il calore e cuocete per un minuto quindi aggiungete il burro, il sale, lo zucchero e la passata di pomodoro e stufate 2 o 3 minuti.
- Passate con un mixer o con un frullatore ad immersione quindi unite la panna fresca ed il paneer.
- Stufate a fuoco basso per 5 minuti quindi aggiungete il garam masala ed il coriandolo fresco tritato. Mescolate, fate cuocere altri 2,3 minuti e servite.
La ricetta è molto molto semplice. Ovviamente quello che è veramente indispensabile sono le spezie, tutte quelle riportate. Sembrerebbe quasi che omettere qualcosa qua e la non fosse importante, in fin dei conti si tratta di dosi minime, 1/ cucchiaino o poco più, ma la cucina indiana è un equilibrio straordinario di sapori che derivano proprio dalla misura esatta delle sue spezie quindi sì, se volete potete anche evitare di mettere il garam masala, potete diminuire la dose dell'aglio, ma così non otterrete mai the real thing. Investite nelle spezie che sono tante ma che hanno comunque un costo irrisorio e vi assicuro che non ve ne pentirete oppure comprate solo quelle base e cominciate con le ricette più semplici. Gli steps sono tanti ma in genere non sono di alcuna difficolta e il risultato vi ripagherà, credetemi.