Le ricette della tradizione.. Questa semplice frase meriterebbe da sola pagine intere di spiegazioni. Quale tradizione? Tradizione per chi? Ho spesso pensato di dedicare una sezione del mio blog alle ricette della nostra tradizione, la tradizione della mia famiglia. Ricette simili a quelle di mille altri, certamente non migliori, ma nostre, parte di quel tessuto connettivo che unisce i ricordi di me e di mia sorella, le ricette delle nostre domeniche, delle nostre vacanze, dei nostri Natali, ricette che per me hanno un profumo tutto particolare, quello del ricordo e anche della malinconia perché quello che mangio oggi non è quello che mangiavo quando abitavo con i miei ed anche perché associo quelle ricette a persone che ormai non ci sono più, i nonni, alcuni zii, parenti che si sono persi nel corso degli anni a causa di viaggi, separazioni, litigi. Era tutto più bello quand’ero piccina. La nostra casa era grandissima, 450 metri quadri, un’enormità dove tutti si perdevano da una stanza all’altra ma che si prestava bene per riunioni famigliari, ricorrenze, Natali. C’erano tanti tanti divani dove tutti potevano trovare posto ma noi piccolini preferivamo stare seduti per terra sulla moquette, proprio sotto l’albero, tanto vicini da vedere riflesse le lucine sui nostri volti. La serata era per noi un vero e proprio rito con tutte le sue regole da rispettare.
Prima si mangiava, poi mio nonno, sempre lui poveretto, si allontanava con una scusa e subito dopo sentivamo un campanaccio che suonava e che salti che ci faceva fare… Era il ciuchino, carico di doni, ma a me il ciuchino faceva sempre molta paura, tanto che ho avuto spesso gli incubi e in quegli incubi dormivo e mi svegliavo improvvisamente al suono del campanaccio e guardando il muro vi vedevo l’ombra delle sue lunghe orecchie. Infatti, al suono noi bambini scappavamo tutti a rifugiarci da qualche parte e stavamo zitti zitti finché gli adulti non ci dicevano che il ciuchino se n’era andato e che potevamo tornare a tavola. Finivamo il dolce sempre molto di fretta e poi ci mettevamo tutti intorno all’albero ora magicamente contornato da pile di pacchetti color rubino e smeraldo scintillanti come gemme ai miei occhi e si incominciava la distribuzione dei doni. Si sceglieva qualcuno e questi doveva consegnare un pacchetto per volta e finché non era stato scartato ed il regalo non aveva fatto il giro ed era stato visto da tutti, non si passava a quello seguente. Io non volevo mai aprire due regali di seguito perché avevo paura “di finirli subito” come ripetevo sempre e quindi cercavo di ingraziarmi vergognosamente la persona che distribuiva. Si finiva sempre, ovviamente, molto tardi. Era l’unica occasione dell’anno in cui ci permettevano di fare tardi e forse anche per questo mi ricordo così bene quelle serate. Pasta e fagioli non è ovviamente un piatto di Natale ma è comunque uno di quelli che mi riportano alla mia infanzia, a quando, nelle sere d’inverno, ci sedevamo a tavola e ci lasciavamo scaldare stomaco e cuore da questo piatto.
In occasione del contest Pasta che ti passa… Impastiamo la crisi, ho pensato di impreziosire pasta e fagioli con una pasta fresca ottenuta con semola e rosmarino tritato che aggiunge profumo alla minestra. Anche in questa ricetta i costi sono ovviamente ben sotto i 5 €. prefissi da me e dalla Sandra. Purtroppo ci sono stati dei problemi nel mettere la seconda griglia, quella del prolungamento contest sul mio blog, così ci siamo spostate sul blog di Sandra.
Questa è la ricetta di casa mia:
Per la pasta:
200 g di semola Senatore Cappelli
100 g di farina 0
2 rametti di rosmarino
Acqua quanto basta
Per la minestra:
1/2 kg di fagioli cannellini
2 spicchi d’aglio
Una cipolla piccola
3 cucchiai di conserva
Un rametto di rosmarino
Una decina di foglie di salvia
Olio
Sale e pepe
Ho lessato i fagioli la sera prima in modo da far insaporire bene il brodo.
Poi il giorno dopo ho preparato la pasta. Ho frullato un poco di semola con le fogline di rosmarino, poi ho aggiunto la restante semola, la farina 0 e acqua quanto bastava per formare un impasto bello sodo. Ho lavorato finchè non è diventato elastico ed ho fatto riposare mezz’ora prima di tagliarlo a fettucce un poco più larghe delle tagliatelle e lunghe circa la metà.
Ho soffritto l’aglio, la cipolla, le foglie del rosmarino e quelle di salvia tritate molto finemente. Vi ho unito la conserva ed un poco dell’acqua dei fagioli ed ho fatto cuocere altri 5 minuti, quindi ho versato il brodo dei fagioli e metà dei fagioli passati al setaccio e ho salato e pepato bene.
Ho fatto cuocere venti minuti e poi vi ho versato la pasta quando ancora la minestra era brodosa. Quando la pasta è cotta, ho unito il resto dei fagioli, interi, ho pepato di nuovo ed ho servito
subito con un bel giro d’olio.
10 comments
Da buona toscana non posso non amare questo piatto, e tu cara sei riuscita a renderlo ancora più invntante con queste bellissime foto!! A presto Emanuela…
Beh, è un grande classico tra i piatti poveri ma lo mangio sempre volentieri.
Un abbraccio fino al nostro prossimo Taste
Che bellissimi ricordi e che emozione poterli rivivere almeno nei sapori 😀
Questo piatto racchiude tutto questo e soprattutto tanto tanto amore che lo rendono unico 😀
Complimenti!
la zia Consu
Un boccone un ricordo e la tradizione che ci riporta indietro..
e non mi dire che il merito è tutto del cinquantino perchè non è vero: qui si migliora cara mia!
la pasta è come i tuoi ricordi: bellissima!
Sandra
La strada è lunga ma la percorriamo mangiando quindi va bene anche così
Buonissima! è ottima anche tiepida in questa stagione! 🙂
Vero. Figurati che io la mangio anche d'estate, come del resto la pappa col pomodoro. Tiepida e con una bella fetta di mozzarella di bufala sopra..
sono le 9 e mi hai fatto venire fame! non vale
Dillo a me. Tutto questo cucinare e poi dovrei non mangiare… Mission impossible!