Della serie “verdure camuffate” per non dover lottare come ogni sera per far buttar giù a mio figlio almeno il minimo indispensabile di verdure. Strana questa cosa: io vivo prevalentemente di verdure da più di 30 anni e quando ho avuto mio figlio, ovviamente, mi sono subito prodigata perché lui facesse altrettanto. La sua alimentazione è onnivora com’è giusto che sia per un organismo che deve crescere e che necessita di ogni categoria della piramide alimentare ma certo nel cucinare i miei piatti dò una certa preferenza alle verdure e finché era piccolo, a parte eccezioni come peperoni o broccoli, mio figlio ha sempre mangiato di tutto, dalle cipolle al cavolfiore. Crescendo sta perdendo questa sana abitudine e diventa sempre più difficile servirgliele sotto la loro forma “naturale”. Per riuscirci, devo “impreziosire” le verdure trasformandole in polpette, sformati o quanto gli faccia dimenticare la loro forma originaria. Questa cosa provoca inevitabili liti quando, causa scarsità di tempo, mi ritrovo a dover mettere in tavola gli odiati vegetali sotto forma di minestrone o passato e quindi, ultimamente, ho incominciato a riflettere su quanto tempo si spenda a cercare di convincere i bambini a mangiare la verdura. Ne vale veramente la pena? In un momento come questo, con scandali alimentari ogni giorno, con terre inquinate, acqua inquinata, aria inquinata, ha ancora un senso insistere con la storia di quanto sono sane le verdure e quante vitamine forniscono al nostro organismo? Ricordo bene il periodo post Chernobyl perché abitavo a Londra, proprio vicino all’ambasciata dell’Ucraina. Ricordo ancora il picchettaggio davanti all’ambasciata, la gente che chiedeva spiegazioni o informazioni sui parenti che vivevano nell’area e mi ricordo anche un’altra cosa come se fosse oggi: i cartelli dove si sconsigliava di mangiare frutta e verdure e di bere latte per il pericolo radiazioni e in Ucraina ancora se ne paga il prezzo, dopo ben ventotto anni. Io compro biologico quando posso ma mi resta sempre e comunque il dubbio di quanto questo possa veramente ridurre il rischio.
E poi sto sempre più valutando quanto sia costruttivo far diventare la tavola un piccolo campo di battaglia quando tante sono già le battaglie che dobbiamo combattere con i nostri figli, specie nel periodo dell’adolescenza. Ok portare in tavola cibi sani ma a volte penso che la vera preoccupazione sia un’altra: il bisogno di continuare a controllare almeno questa parte della loro vita e quindi quanto tutto questo forse mascheri in realtà altre ansie. Da parte loro, i ragazzi, sempre in cerca di attenzioni,  probabilmente vedono questa lotta per  il cibo come l’occasione per averne e quindi forse se lasciassimo  i diktat fuori dalle nostre tavole i ragazzi sarebbero più disponibili a variare dieta perché non guadagnerebbero niente nel rifiutarsi. Abbastanza su cui riflettere. 
Intanto ieri, con queste quenelles, il trucco ha funzionato per l’ennesima volta!





Ingredienti:
500 g di piselli sgranati oppure surgelati
200 g di patate lessate
50 g porro mondato 
Un albume
Curry
Paprika
Peperoncino
Due cucchiai di olio
Sale 
Esecuzione:
Tritate finemente il porro e fatelo appassire nell’olio caldo. Unite i piselli con un pochino di sale e stufate finché non saranno ben asciutti e poi insaporiteli con un cucchiaino di paprika e 1 di curry. Frullate i piselli e metteteli in una ciotola insieme alle patate lessate e passate al setaccio. Amalgamatevi l’albume leggermente sbattuto, un pizzico ancora di sale ed uno di peperoncino. 
Formate con questo impasto una dozzina di quenelles aiutandovi con due cucchiai bagnati, sistemale su si una teglia unta d’olio, spolverizzate con paprika e passate in forno preriscaldato a 220° per 10 minuti

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Ricordiamoci tutte che oggi è la giornata nazionale contro i DCA, Disturbi del Comportamento Alimentare.
Questo è il link della petizione che ha proposto il papà di Giulia , una ragazza di 17 anni che è morta lo scorso 15 marzo per cause derivate dalla bulimia di cui soffriva, una petizione che serve unicamente a chiedere l’istituzione di una giornata nazionale dedicata ai disturbi del comportamento alimentare per poter finalmente dire addio all’omertà che circonda queste malattie e sensibilizzare ed informare per poter aiutare.
“La felicità è sempre uguale, ma l’infelicità può avere infinite variazioni, come ha detto anche Tolstoj. 
La felicità è una fiaba, l’infelicità un romanzo.”      
Haruki Murakami – Kafka sulla spiaggia
 
Oggi è una giornata un po’ così. Oggi infatti è la giornata che le bloggalline si ritroveranno tutte insieme al Boscolo Etoile Academy, a Tuscania. E’ da ieri che su Facebook e Twitter non si vedono altro che foto di preparativi, valigie pronte, bloggalline sorridenti in macchina, è da ieri che si susseguono commenti di donne contente di ritrovarsi e passare un po’ di tempo insieme sfuggendo per un attimo a tutto quello che è la quotidianità e, diciamolo pure, la noia del vivere di ogni giorno, con le sue scadenze ed i suoi tempi e poi c’è chi rimane qua, con la voglia di partire senza avere il coraggio di farlo.
Io sono appunto una di quelle che restano, di quelle che ancora si sentono in colpa pensando di sottrarre tempo alla famiglia, di non aver forse diritto a vivere qualche esperienza da sole, una di quelle che pensano sempre “ci sarà un’altra occasione”. Forse però bisognerebbe trovare dentro la forza di farlo, di tagliare il cordone, di riappropiarci di almeno un pezzettino della nostra vita, di quella parte di noi che oltre che madre e moglie è sorella, confidente, amica e che non è meno importante delle altre e va coltivata perché sarà una grande risorsa quando ci ritroveremo a fare i conti col nido vuoto.
Non priviamoci di quello che amiamo e ricordiamoci sempre, io per prima, che ritagliarsi qualche spazio non è un potenziale disturbo ma un miglioramento per la famiglia intera perché:
 “If mama ain’t happy, ain’t nobody’s happy”
Il laksa è un piatto comune a molte cucine, Persiana, Malese, Singaporiana (pare si dica così). Ci sono due tipi di laksa, il curry laksa, che è una zuppa di curry e noodles a base di latte di cocco e l’asam laksa, che è una zuppa di pesce e tamarindo.
Io ho preparato una versione modificata di laksa, dove al posto dei noodles c’è la quinoa. La quinoa appartiene, incredibile ma vero, alla famiglia delle chenopodiaceae quindi alla stessa famiglia degli spinaci e delle barbabietole, ma viene classificata come cereale pur non essendo una graminacea, per il contenuto di amido che si ottiene macinando i suoi semi. Si differenzia dagli altri cereali per l’alto contenuto proteico e la totale assenza  di glutine. Gli Inca chiamavano la quinoa “chisiya mama”, madre di tutti i semi.
La ricetta l’ho presa qui, sul sito della BBC, ma ho apportato alcuni cambiamenti per adattarla ai nostri gusti.
La BBC, molto gentilmente per chi come me va sempre a cercarsi le calorie, riporta questi dati:
398 calorie per porzione
22 g proteine
55 g caroidrati
Dose per 4 persone
Io non l’ho servita come zuppa ma come piatto unico, avendoci aggiunto anche il paneer che è un formaggio indiano alla base dell’alimentazione indiana del quale prossimamente scriverò la ricetta, insieme ad un semplice basmati speziato con cumino.
Ingredienti:
Una cipolla media tagliata sottile
4 cucchiai di pasta di curry *
Mezzo litro di latte di cocco (io ho usato il latte di cocco bio dell’Altro Mercato, ricavato da noci di cocco provenienti da agricoltura biologica dalla zona di Prachuab Kirikhan)
Mezzo litro di brodo vegetale
750 g di verdure miste (io ho messo broccoli, patate, fagiolini e anche dei ceci)
150 g di quinoa risciacquata bene (io ho usato quinoa rossa)
200 g di paneer (formaggio indiano prodotto da latte cagliato con succo di limone oppure aceto. Se non lo trovate omettetelo tranquillamente comunque prossimamente ricetta sul blog)
* La BBC indica pasta di curry comprata che si trova anche con facilità in tutti i supermercati nel reparto etnico, ma io preferisco farmela, troppo più buona. Dura a lungo, anche un anno e ne basta un cucchiaino per insaporire un piatto. In seguito Metterò anche una delle tante ricette di Jamie Oliver in cui usa la pasta di curry.
Per chi si sentisse avventuroso abbastanza,
questa è la mia ricetta della pasta di curry (in questo caso Tikka Paste):
40 g di semi di coriandolo
40 g di semi di cumino
5 g di peperoncini rossi secchi
50 g di prezzemolo lavato ed asciugato bene
100 g di aglio
50 g di ginger
200 g di olio d’oliva
100 g di acqua
30 g di succo di limone
Un cucchiaino di curcuma
30 g di sale
50 g di cipolla disidratata (si trova nei boccettini come le spezie)
140 g di conserva
Mettete nel mixer i semi di coriandolo, quelli di cumino ed i peperoncini. Tritate fino ad ottenere una polvere. Unite il prezzemolo, l’aglio, il ginger e l’olio d’oliva e frullate per un minuto. Aggiungete gli ingredienti rimasti e poi trasferire in una casseruola dove cuocerete a fuoco molto basso per una quarantina di minuti. La pasta sarà pronta quando la superficie si velerà di un bel velo lucido di olio.
Usando un cucchiaio sterilizzato travasate la pasta dentro un barattolo a sua volta sterilizzato, versatevi sopra un po’ d’olio come si fa col pesto, chiudete con un tappo sterilizzato e conservate in frigo. Ogni volta che la userete avrete l’accortezza di ricoprire con nuovo olio.
Per la versione Bimby:
Pesate i semi di coriandolo, quelli di cumino ed i peperoncini nel boccale. Riscaldate 5 minuti a vel. 1 temperatura Varoma, quindi tritate 1 minuto vel. 8.
Aggiungete il prezzemolo, l’aglio, il ginger e l’olio d’oliva nel boccale: 1 minuto vel. 10.
Riunite il composto sul fondo del boccale con la spatola, unite gli ingredienti rimasti e cuocete da 40 a 60 minuti 80° vel. 2.
Per il resto il procedimento è comune alla versione sopra.
Laksa 2
 
 
 
 
Esecuzione del Laksa
L’esecuzione del Laksa è molto semplice. Preparate le verdure con le dimensioni che preferite ma comunque non piccolissime (la BBC prevedeva l’uso di verdure surgelate). Tagliate a fettine sottili le cipolle e mettetele a soffriggere insieme ad un poco di acqua insieme alla pasta di curry, mescolando di tanto in tanto. Appena saranno appassite e la pasta di curry rilascerà il suo profumo, aggiungete il latte ed il brodo vegetale che avrete riscaldato al microonde, la quinoa e le verdure. Portate al punto di ebollizione, salate, coprite e fate cuocere fino a quando la quinoa non sarà cotta, mezz’ora circa. Se volete servire, come ho fatto io, come piatto unico e non come zuppa, mettete un po’ meno brodo. Servite con basmati cotto per assorbimento oppure con naan, pane indiano ma ovviamente anche la scarpetta col pane toscano può andare.
Con questa ricetta partecipo alla raccolta Salutiamoci ospitato questo mese da
Daria che ha come ingrediente, appunto, la quinoa.
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L’’amore per il pane per me è sempre stato, come già mi è capitato di scrivere, un amore a prima vista, di quelli semplici, senza complicazioni ma profondi, che durano tutta una vita, ed anche istintivo perché io non seguo mai le dosi ma mi basta toccarlo il pane per capire di che cosa ha bisogno, se è abbastanza idratato oppure lievitato a sufficienza.  Quando ho provato il lievito madre, le mie certezze sono crollate. In un attimo tutto quello che conoscevo e sul quale mi basavo è cambiato. Con la madre i tempi sono diversi, la lievitazione è diversa, la consistenza dell’impasto è diversa, il sapore e perfino l’odore sono diversi.
E’ stato un vero sconvolgimento che solo chi panifica tanto quanto me può capire, quindi accetto di buon grado i commenti di chi penserà che questa cosa è ridicola, ok?
Comunque, va da se che il mio rapporto con la madre è un rapporto difficile. Ho buttato chili e chili di farina biologica di quella buona in tentativi che all’inizio sembravano promettenti e poi si trasformavano velocemente in fallimenti, mai a dire la verità per una mancanza di lievitazione, ma sempre per il retrogusto acido del pane, tanto acido che il cane di mia madre non l’ha mai voluto assaggiare neppure spalmato di nutella. Ho provato lieviti nati da mamme diverse, ho rinfrescato fino a non sopportare più nemmeno la vista della farina, ho scritto su forum e gruppi e blog fino a quando non ho capito una cosa molto importante: la madre stava irrimediabilmente distruggendo il mio rapporto col pane. Quello che prima facevo per rilassarmi era diventato una fredda pianificazione, la naturalezza completamente andata persa, l’entusiasmo per l’impastare come quelle scenette dove ci sono il marito e la moglie che vogliono un figlio e non ci riescono e quindi hanno rapporti solo ad orari ben precisi e con il termometro per la temperatura basale sempre in mano..
Mi sono detta quindi che era l’ora di tornare ai santi vecchi, tra l’altro confortata dalla notizia inattesa di un’intolleranza ma a cosa? Ma proprio alla vecchia e cara madre che tanto mi aveva fatto penare. Mi sono così ricomprata il vecchio dado di lievito di birra che tra l’altro uso nella quantità di un grammo per chilo di farina, mi sono riavvicinata piano piano alla mia passione ed al lievito naturale non ho pensato più. Questo fino al mio incontro, in occasione del Taste a Firenze, con la Sandra, questa Sandra qui, che gentile come solo una mamma può essere e fissata col pane come solo io pensavo di essere, mi ha portato un barattolino di licoli  figlio suo, così, per farmelo provare.
Tornata a casa con il prezioso fardello, ho aspettato un giorno intero prima di decidermi anche solo a guardarlo da vicino e poi, spinta dalla Sandrina che mi incalzava, ho fatto il primo rinfresco. Già l’odore mi è sembrato diverso, profumava invece di puzzare, poi è stato bello il movimento lento di incorporare aria per il rinfresco, rilassante e pure la consistenza mi è piaciuta e il fatto che l’acquina in superficie non fosse un brutto segno ma che andasse rimescolata alla parte cremosa come se niente fosse.
Ho ripetuto il rinfresco per tre volte e poi l’ho lasciato solo soletto a riposare  tutta la notte e la mattina, dopo una rapida consultazione con la maestra Sandra, ho impastato il mio primo pane con Licoli  seguendo invece che una ricetta precisa, il mio intuito. Ho mescolato il prezioso figliolino di Sandra, con gli scarti di farine che mi si erano accumulate in dispensa, un poco di miele che non si sa mai, un poco di sale che a me il pane sciocco non piace e via a lievitare. Dopo tre ore avevo un blob con una consistenza stranissima, vellutata e poi elastica, tanto che ho avuto difficoltà a tagliarne delle porzioni con il tarocco.
Con metà del blob ho steso del pane arabo e l’ho cotto in padella e con l’altro ho dato una forma veloce e poi, memore dell’impegno del mese su Panissimo, il boulot, raccolto dalla Donatella Bartolomei, ho fatto un taglio veloce con la mia nuova lama francese ullallà. Beh, fatto a caso e cotto ancora più a caso, è venuto fuori in modo eccezionale, che nemmeno se avessi seguito alla lettirissima chissà quale ricetta.
Ingredienti per il rinfresco:
30 g di licoli della Sandra (vi piacerebbe eh?)
320 g di farina Floriddia
320 g di acqua
Ingredienti per il blob:
600 g di licoli rinfrescato
1kg e 1/2 di farina così suddivisa:
 800 g Floriddia (biologica di grano tenero antico tipo 1)
 400 g di Manitoba
300 di farina di semola rimacinata Senatore Cappelli.
Un cucchiaio di miele
20 g di sale marino

 

Acqua quanta ne prende.
Ho cominciato al mattino rinfrescando il licoli la prima volta. Diciamo un 30 g di licoli mescolato bene con una frustino di silicone con l’aggiunta di 30 g di acqua e piano piano 30 g di farina ottenendo così 90 g di impasto e l’ho messo coperto e al calduccio fino alle 14,30 circa. Ho rinfrescato di nuovo questa volta con i 90 g di impasto ottenuti, unendo 90 g di acqua incorporata sbattendo con la frustina e 90 g di farina, sbattendo ancora bene e poi ho separato una cinquantina di g di licoli per la conservazione in frigo e con l’impasto via di nuovo al calduccio nel forno con la lucina accesa. Infine l’ultima volta la sera alle 20,30 con 200 g circa di impasto, 200 di acqua e 200 di farina. Ho messo a riposare per la notte coperto ma non in forno perché avevo il problema opposto e cioè che lievitasse troppo.
L’ho ripreso in mano alle 8, mescolato bene sempre con la solita frusta e poi buttato nell’impastatrice insieme ai tre tipi di farine e al miele e gradualmente ho aggiunto acqua tiepida fino ad ottenere il giusto grado di idratazione. Solo allora ho aggiunto il sale ed ho fatto lavorare ancora per cinque minuti. Ho fatto lievitare per 5 ore in forno con la lucina accesa e poi ho dato la forma, fatto riposare una mezz’ora ed infine inciso (evidentemente poco)  e cotto da subito a 200 sulla refrattaria riscaldata. La cottura è stata veloce, una mezz’ora.
Conclusioni dell’avventura: Il licoli mi è molto piaciuto, sia la manualità che il risultato. Il pane conservava una puntina minima di acidità ma niente che disturbasse, anzi, si sentiva il sapore tipico del lievito naturale. Esperienza assolutamente da ripetere, questa volta con la pizza! E grazie alla Sandra e al suo bimbo!
Con questa ricetta partecipo a Panissimo, la raccolta ideata dalle geniali Sandra e Barbara ospitato questo mese dalla magica Patti che speriamo si rimetta presto. Auguri Patti

 

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Con questa iniziativa, i food blogger che aderiscono a
“unlamponelcuore” intendono far conoscere il progetto “lamponi di pace”
ella Cooperativa Agricola Insieme (http://coop-insieme.com/),nata
nel giugno del 2003 per favorire il ritorno a casa delle donne di
Bratunac, dopo la deportazione successiva al massacro di Srebrenica, nel
quale le truppe di Radko Mladic uccisero tutti i loro mariti e i loro
figli maschi. Per aiutare e sostenere il rientro nelle loro terre
devastate dalla guerra civile, dopo circa dieci anni di permanenza nei
campi profughi, è nato questo progetto, mirato a riattivare un sistema
di microeconomia basato sul recupero dell’antica coltura dei lamponi e
sull’organizzazione delle famiglie in piccole cooperative, al fine di
ricostruire la trama di un tessuto sociale fondato sull’aiuto reciproco,
sul mutuo sostegno e sulla collaborazione di tutti. A distanza di oltre
dieci anni dall’inaugurazione del progetto, il sogno di questa
cooperativa è diventato una realtà viva e vitale, capace di vita
autonoma e simbolo concreto della trasformazione della parola “ritorno”
nella scelta del “restare”.
 
 

Questo è il link per i prodotti su Facebook:

qui è dove tutto è cominciato

 

Madri, figlie, amanti, sorelle, amiche…
Tante donne, soprattutto infiniti modi di esserlo, consapevolmente oppure inconsapevolmente ma sempre e comunque coscienti ad un livello più profondo, fisico, viscerale.
Donne, con questa specie di cordone ombelicale che ci tiene in contatto diretto con la terra, con la natura, che ci muove e ci influenza così come muove ed influenza le maree.
Donne usate ed abusate spesso in nome di un amore che tutto è fuorché amore, donne coraggiose, che rischiano eppure si mettono in discussione ogni giorno, ogni secondo della loro vita.
La giornata di oggi è tutta per voi, per noi!
Per te Fatima, che nel tuo paese non sei neppure libera di guidare l’auto
Per te Mahvash, che sei cresciuta credendo che si dovesse cercare la sicurezza e non l’amore.
Per te Aminah, alla quale è stato tolto tutto, anche l’essere donna.
 
 
 
 
 
 
 
Vi serviranno:
Per la simil brisè
160 g di farina
100 g di farina di mandorle
110 g di burro
6 cucchiai di zucchero
60 g di latte freddo (solo al bisogno. Io non l’ho usato)
Per il ripieno
2 cucchiai di marmellata di lamponi
3 uova
130 g di panna fresca da montare
150 g di zucchero
70 g di farina di mandorle
Un cucchiaino di estratto di aroma di mandorle
Un cucchiaio di farina
Una vaschetta di lamponi
Qui ho preso la ricetta poi opportunamente dolcificata:
Per prima cosa preparate la simil brisè. Setacciate la farina e la farina di mandorle in una ciotola grande. Unite il burro tagliato a pezzettini ed incominciate a lavorare la pasta. Aggiungete lo zucchero e mescolate bene continuando a lavorare l’impasto. Unite il latte freddo solo se l’impasto non riuscisse a compattarsi.
Lavorate fino a che l’impasto non sarà liscio, ma brevemente per non riscaldare eccessivamente il burro. Rinvolgere in pellicola trasparente e mettere in frigo per mezz’ora.
Preriscaldate il forno a 180° ed imburrate una teglia da crostata, altrimenti se preferite foderate con carta forno.
Rovesciate la brisè su di un foglio di carta forno coprendolo con un altro e quindi stendete con un matterello. Tagliate l’eccesso sul bordo e stendete uno strato di marmellata di lamponi che avrete riscaldato al microonde per 20 secondi e disponetevi
 i lamponi in cerchi concentrici.













 
Ora preparerete il ripieno. Mettete le uova, la panna, lo zucchero, la farina di mandorle, la farina e l’aroma di mandorla in una ciotola. Sbattete finché la mistura non sarà liscia ed aereata, circa 3 minuti. Io uso le fruste elettriche.
Versate con delicatezza la crema sulla crostata e cuocete per 20 minuti a 180°, dopo di che abbasserete la temperatura a 160 e proseguirete la cottura per altri 20 minuti circa.
La tart dovrebbe risultare di un bel colore dorato pallido.
Eventualmente se si dovesse colorire troppo durante la cottura, si potrà coprire con alluminio.
Servite tiepida oppure fredda con panna montata.











 

 
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Questa volta, dato che ultimamente mi sono lasciata un po’ troppo prendere la mano dalle ricette sane, sarà meglio che mi ributti su qualcosa di ricco, grasso ed ipercalorico, così, tanto per non perdere l’abitudine.
Questa volta tocca ad una torta che una gentile sconosciuta di nome Adriana mi passò ad un corso Bimby. I corsi Bimby mi divertivano da matti. Si andava li anche se non avevamo certo bisogno di un corso per usarlo, si chiacchierava, si mangiava e si tornava a casa con qualche bella ricettina. Adesso però tutto è cambiato. Un bel giorno hanno deciso che da quel momento in poi al corso avrebbe potuto partecipare solo chi il Bimby ancora lo doveva acquistare e quindi addio pacchia.
Chissà quante altre belle ricette mi avrebbe potuto passare la Sig.ra Adriana.
La torta è proprio buonissima, morbida come un ciambellone di quelli semplici ma molto più ricca di gusto grazie alla ricotta.
Tuffata nel latte al mattino fa partire con una marcia (ed un kg) in più!

Ingredienti:

300 g di zucchero a velo
3 uova
250 g farina
300 g di ricotta
150 g di cioccolato fondente
100 g di burro
Una bustina di lievito
Altro zucchero a velo per decorare 

Procedimento:

In una terrina montate bene le uova con il burro usando, se potete, un mixer oppure delle fruste elettriche, sennò olio di gomito e via.
Unite le uova sempre continuando a montare, poi in quest’ordine la farina, la ricotta ed infine il lievito.
Versate metà dell’impasto in una teglia imburrata ed infarinata, quindi cospargete con la cioccolata tritata grossolanamente, ricoprite con la seconda metà dell’impasto, spolverizzate ben bene con altro zucchero a velo e cuocete in forno preriscaldato a 180°.

Versione Bimby:

Versate lo zucchero (in questo caso semolato) nel boccale del Bimby: 20 sec. vel. 9 quindi montate con il burro usando la farfalla: 5 minuti vel. 3.
Togliete la farfalla ed unite le uova con lame in movimento a vel. 3, quindi la farina : 30 sec. vel. 6, la ricotta: 30 sec. vel. 6, ed infine il lievito: 20 sec. vel. 6.
A questo punto seguite il resto della ricetta come sopra.

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