Chiuso per alluvione,
“avevo l’epi di segale fusion dentro al forno, ero pronta per fare le foto.
e pensavo, ….ma quanto piove.
ci avevano allertato, le scuole erano chiuse, i bambini a casa.
ma mica vai a pensare che tocca proprio a te?
e invece la vita è così, in un attimo si riprende tutto quello che ti ha dato e se lo porta via.
quando l’acqua ha cominciato ad entrare era troppo tardi.
è stato un attimo. non c’è stato tempo di fare niente se non di salire al piano di sopra e attaccarsi al cellulare
per chiamare aiuto.
è saltato tutto, luce, telefoni. isolati in due secondi, con il fango che ti entra nel salotto di casa e si prende le tue cose.
sono venuti a prendermi e mi hanno portato in salvo con una ruspa perchè a piedi era troppo pericoloso.
è andata bene, mi ripeto, è andata bene.
ma tornare a spalare acqua da casa stasera è stato duro, per usare un eufemismo.
sono a casa di mia suocera a dormire, a casa mia non è possibile.
domani è un altro giorno, domani si ricomincia.
adesso voglio solo riuscire a dormire.”
questo è quello che ha vissuto oggi Gaia, io lo scrivo qui per lei, è tutto quello che posso fare per lei in questo momento.
spero solo che tutto passi in fretta e tutto torni alla normalità.
per usare le sue parole:
Coraggio Gaia, domani è un altro giorno!
Sandra
Questo è l’impasto che mi porterò dietro per la vita, poco ma sicuro, perché è veloce, non si sporca quasi nulla, semplice ma nonostante tutto ciò il risultato è un pane che sembra comprato da quanto è bello. Poi, oltre a questo, è un pane che perdona, non importa se si sbaglia qualche cosa nell’esecuzione (e comunque come si fa a sbagliare a mescolare perché nient’altro è richiesto) oppure se si lascia lì un poco più a lungo, viene sempre bene e scusate se è poco. Questo pane l’ho visto per la prima volta qui e poi, come seguendo il filo di Arianna, ho scoperto sempre più persone che ne parlavano, che lo conoscevano, che lo cuocevano ogni settimana e così, dato che volevo avere la certezza di leggere le parole del suo papà, Jim Lahey, proprio come le aveva scritte, senza perdermi ne un accento ne una virgola, mi sono comprata su Amazon il libro in lingua originale (ora credo esista anche in Italiano) ed ho incominciato dall’abc. In realtà le ricette sono tante ma il sistema di base del pane no knead (senza impasto appunto) è sempre lo stesso: far lavorare il pane al posto nostro quindi nessun sbattimento, una mescolata a farina, acqua e lievito, un lungo riposo e conseguente lievitazione, una serie di pieghe, altro riposino, questa volta più breve, e cottura. La cottura prevede l’utilizzo di un dutch oven (casseruola di ghisa) ma ho letto di no knead bread cotti nel pirex, nella terracotta, nell’acciaio, come pure senza nessuna pentola, solo sulla refrattaria. Io sono partita con una casseruola di ghisa comprata in saldo all’Ikea che però era un po’ grandina, 28 di diametro, così ne ho comprate altre due, una da 20 e una da 24 ma devo dire che quella che uso di più è quella da 20, quella delle foto. Non disdegno però di usare lo stesso impasto per cazzottino, stecche ed anche pizze e focacce. Oh, che vi devo dire, con questo impasto ci viene buono proprio tutto.. Una volta ho anche provato a farci le brioche, ma questa ricetta ancora devo perfezionarla un po’.
In una ciotola media (dipende ovviamente da quanto impasto preparate) mescolate la farina, il sale ed il lievito secco. Aggiungete l’acqua e mescolare il tutto usando un mestolo di legno oppure le mani (ma con le mani è molto più bello). L’importante è che non si impasti per più di un minuto. Il risultato dovrà essere un impasto molto bagnato ed appiccicoso, assolutamente non uniforme. Coprite con pellicola la ciotola e lasciate riposare a temperatura ambiente, lontano dalla luce del sole, da un minimo di 12 ad un massimo di 18 ore (io faccio 18 di solito) fino a quando la superficie non sarà piena di bolle e l’impasto più che raddoppiato. La lenta fermentazione è il segreto.