Gratin Dauphinois

by burroemalla

Radiohead – No surprises



Grazie ad una serie di fortuite circostanze la mia famiglia ha la fortuna di poter trascorrere del tempo in Costa Azzurra almeno due volte l’anno. La cosa va avanti ormai da 5 anni e bene o male, dopo l’iniziale confusione, ci si abitua e si incomincia a capire come muoversi. Ecco allora che si scoprono le cose veramente importanti come per esempio qual’è la boulangerie col pane di campagna o il Viking più buono, il supermercato con le offerte migliori per quello che riguarda il vino e lo Champagne, la fromagerie più fornita, la pâtisserie dove si trova la Tarte Tropezienne quasi come quella di St. Tropez, il bar con l’espresso, il pain au chocolate e il Corriere della sera. Il nostro supermercato di fiducia è diventato il Carrefour che però, attenzione, non ha niente a che spartire con il nostro. I prodotti sono ovviamente diversi, ma al di là di questo in Francia i Carrefour sono straordinariamente forniti con le eccellenze di tutto il mondo ed una scelta di prodotti etnici che noi possiamo solo sognarci. Non parliamo poi del banco dei formaggi. La cosa che mi fa veramente imbestialire è che sono certa che la nostra scelta dei formaggi non sia assolutamente inferiore a quella dei nostri cugini francesi, solo che siamo così stupidi da non far circolare i nostri prodotti. I formaggi del Piemonte, tanto per scegliere una regione a caso, da noi in Toscana si trovano difficilmente a meno che non si disponga di un portafogli ad organino che ci permetta di andare a cercarseli nelle gastronomie-oreficeria, mentre io in Veneto per esempio, ho avuto difficoltà persino ad acquistare un pecorino decente. In Francia no, i loro formaggi sono tutti lì, esposti per benino col loro cartellino che indica la provenienza e mi viene una tale rabbia.. Anche il banco della gastronomia è una gioia per gli occhi: couscous, sformati di verdure, quiche di ogni tipo, zuppe. Fin dalla prima volta avevo adocchiato queste tegliette di alluminio con una specie di sformato cremoso di patate a fette coperte da un’appetitosa crosticina dorata e quindi, dopo essermi accertata che il mio oggetto del desiderio non contenesse carne di nessun tipo, me lo ero portato a casa e divorato. Era il gratin Dauphinois ed era immediatamente diventato uno dei must delle nostre vacanze francesi. Un bel giorno però il gratin  è scomparso dal banco della gastronomia a causa di un’improvvisa restrizione della vendita dei prodotti già cotti che è durata un annetto e così, tornata in Italia con la voglia, mi sono messa a spulciare la rete ed ho testato varie ricette. Questa è quella che più si avvicina all’originale e si presta molto bene anche a numerose varianti quali l’aggiunta di funghi trifolati, di tartufo (novità del Carrefour assaggiata quest’estate) oppure di una dose generosa di formaggio. Comunque lo prepariate è un piatto veramente goloso, tanto che io ne cuocio sempre dose doppia perché una sola teglia ci lascia con la voglia. Non è un piatto che si congela bene perché le patate una volta scongelate cambiano la loro consistenza. Molto meglio prepararselo fresco ogni volta. Credetemi, ne vale la pena!









Ingredienti: per 2 teglie

1,5 kg di patate 
50 g di burro
5 g di aglio
300 g di panna
1 litro di latte intero
Sale e pepe
Noce moscata

Sbucciate le patate e tagliatele a fette non troppo sottili altrimenti vi ritroverete con un purè. Mi raccomando anche di non lavare le patate dopo averle tagliate a fette altrimenti toglierete l’amido indispensabile per formare la cremina. Fate bollire il latte con il sale, il pepe, l’aglio tritato e la noce moscata in un tegame antiaderente  e metteteci a cuocere le patate tenendo il fuoco basso. Cuocete per 12 minuti e gli ultimi 2 aggiungete anche la panna. Ungete una pirofila di burro, versatevi le patate con il loro liquido, mettete in superficie il burro a fiocchetto ed infornate a fuoco dolce, 160/170° per 45 minuti circa.










































English version

Ingredients: for two baking pans
1,5 kg of potatoes
50 g unsalted butter
5 g of garlic
300 g of double cream 
1 lt of milk (full fat)
Salt, pepper and nutmeg powder
Peel the potatoes and cut them but not too thinly otherwise you will end up with a purè.
Don’t wash the potatoes after you have cut them or you will loose all the starch and the starch is what you need to have a nice creamy gratin. Boil the milk in a non sticky pan together with the salt, the pepper, the garlic finely cut and the nutmeg then put the potatoes in and cook them over low heat for 12 minutes. The last two minutes pour in the heavy cream. Butter a baking pan, pour the potatoes mixture in it, garnish with butter flakes and then cook for about 45 minutes at 160/170°
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Le torte per i compleanni sono il momento nel quale posso finalmente sfogare la fantasia (e la gola) senza timori ne sensi di colpa ed è per questo non preparo mai quello che in realtà sarebbe l’unico desiderio per il mio poco fantasioso marito che come torta per il suo compleanno, se solo glielo chiedessi, vorrebbe sempre e solo una bella crostata. E invece si vede puntualmente presentare dolci stile “il manuale dei dolci di Nonna Papera”, dove la mia torta preferita era, me lo ricordo ancora, la torta della regina di Saba. Bellissimo libro quello, specie per me che già sognavo di mettere le mani in pasta anche se ancora non me lo facevano fare. Non c’erano foto nel manuale dei dolci di Nonna Papera ovviamente, solo fumetti, ma la ricetta della torta della regina di Saba aveva un’illustrazione bellissima, con questa torre tutta a strati e strati e mi sembra anche di ricordare che in cima ci fosse qualcosa di rosso tipo ciliegie o frutti simili. La ricetta di quest’anno è una torta di Martha Stewart non proprio come quella della regina di Saba ma comunque probabilmente altrettanto ricca e grassa. Flecked vuol dire punteggiato ed infatti l’impasto non risulterà scuro per la presenza di cioccolato ma piuttosto del colore di un plumcake completamente punteggiato di granella di cioccolato. E’ anche incredibilmente buona, tanto buona che il consorte non si è lamentato più di tanto del fatto che la scelta non fosse caduta, per l’ennesima volta, sulla sua amata crostata! Chissà, magari il prossimo anno…

 

 

















Per la torta

170 g di burro ammorbidito
280 g di farina (io ho usato la Petra 5)
Un cucchiaino e 1/2 di bicarbonato di sodio
1/2 cucchiaino di sale
220 g di zucchero semolato
75 g di zucchero di canna
Due uova grandi più un tuorlo
Un cucchiaio di estratto di vaniglia
245 g di sour cream che si ottiene mescolando metà peso di panna con metà peso di yogurt greco più un mezzo cucchiaio di succo di limone
180 g di latte intero
230 g di cioccolato fondente al 60%  tritato grossolanamente

 

 















Per la farcia:
600 g di latte di cocco
150 g di zucchero semolato
60 g di maizena
80 g di cocco essiccato
250 g. di panna fresca
40 g di zucchero a velo

 

 











Per la copertura di cioccolato al latte:
230 g di cioccolato al latte
230 g di burro
70 g di zucchero a velo
Un pizzico di sale
235 g di sour cream (vedi sopra)























Torta:

Preriscaldate il forno a 180′ e foderate di carta forno due teglie rotonde da 20 cm di diametro. In una terrina mescolate la farina, il bicarbonato ed il sale. Nella ciotola dell’impastatrice oppure in un mixer frullate il burro e gli zuccheri per 15 minuti circa o fino a che il composto non risulterà
leggero e spumoso. Unite il tuorlo e le uova intere una per volta, frullando bene dopo ogni nuova aggiunta. Aggiungete anche l’estratto di vaniglia e le polveri in tre volte, alternando con la sour cream mescolata col latte, cominciando e finendo con la farina.
Incorporate il cioccolato, dividete l’impasto in due e versatelo nelle teglie, livellando con una spatola. Cuocete una trentina di minuti e controllate con la prova stuzzicadenti. Fate freddare all’interno delle teglie per venti minuti, rimuovete e fate freddare completamente su di una grata.

 

















Farcia al cocco:
Intanto preparate la farcia che poi andrà conservata per un’oretta in frigo prima di essere utilizzata. Mettete in una casseruola il latte di cocco con lo zucchero semolato e la maizena e mescolate bene usando una frusta. Riscaldate a fuoco medio fino a quando la crema non sarà addensata, quindi aspettate che si freddi un poco e quindi mettetela mezz’ora in frigo. Quando si sarà freddata riammorbiditela un po’ con una frusta e quindi incorporatevi delicatamente la panna fresca (che avrete montato con lo zucchero a velo) con un movimento dal basso verso l’alto ed il cocco essiccato. Una volta che la crema avrà un aspetto omogeneo trasferitela nuovamente in frigo coperta con pellicola trasparente.

 

 












Glassa al cioccolato al latte
E ora prepariamo la glassa al cioccolato al latte con la quale rivestiremo la torta. La glassa di questa torta non è la tipica glassa lucida delle coperture. Questa è pastosa, da spatolare in modo disomogeneo, così da ottenere un effetto tipo stucco. Sciogliete il cioccolato tritato a bagnomaria e fate freddare leggermente. Usando una frusta montate il burro ammorbidito con lo zucchero ed il sale finché non diventerà spumoso, circa 15 minuti, quindi incorporatevi gradualmente il cioccolato e la sour cream e mescolate finché non saranno completamente incorporati.
Tenete in frigo finché non avrà raggiunto la consistenza giusta. Al momento dell’uso riportate a temperatura ambiente e montate con una frusta fino a che non torna morbida. Si conserva in un contenitore chiuso fino a 3 giorni.













 















Finitura torta
A questo punto si potrà procedere all’assemblaggio.

 

Tagliate le due torte orizzontalmente con un coltello lungo ed affilato e mettete un primo strato di torta su di un’alzatina oppure sul piatto di portata. Aiutandovi con una spatola stendete uno strato di farcia al cocco, appoggiatevi un secondo disco di torta, questa volta fate uno strato di glassa al cioccolato, un altro disco e di nuovo la farcia al cocco per finire con l’ultimo disco che poi coprirete completamente con il frosting al cioccolato. Decorate con foglie di cioccolato oppure con frutti di bosco rossi e conservate in frigo fino al momento di servirla.
Certo che se guardate la torta di Martha Stewart e poi la mia, come si direbbe in Toscana, nemmen parente 😉

English version:

Being an american recipe, there’s no need to translate it in English
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Quando ho visto, ripercorrendo le sue ricette del passato, queste fette qui nel blog della mia amica Maria Teresa e delle sue degne compagne, in un attimo ero già a rinfrescare il licoli e a prepararmi con i tempi. Il licoli infatti necessita soprattutto di organizzazione perché per il resto la sua gestione è facile e veloce e dà soddisfazioni enormi. Come mio solito ho voluto dare al pane una forma particolare invece della solita forma delle fette ed ho optato per la forma “a tre palline” che poi durante la lievitazione si uniscono e danno una forma molto carina al pane. Forse non è la forma migliore per le fette biscottate perché ovviamente vengono po’ irregolari ma io mi sono comunque divertita di più.
500 g della farina che desiderate sotto i denti
(Io Einkorn del Molino Grassi)
170 g di licoli
200 g di acqua (dose indicativa)
80 g di olio extravergine di oliva
Un albume
50 g di zucchero
Due bei cucchiai di miele di arancio
10 g di sale
Come sempre usate un licoli attivo. Io ho provato ad usarlo al primo rinfresco ed il pane è lievitato senza problemi.
Mettetelo nella ciotola dell’impastatrice e scioglietelo bene nell’acqua usandone solo 100, 150 g massimo. Se servirà potremo sempre aggiungerla in corso d’opera. Frullate ed aspettate che si formi una schiumina in superficie. A questo punto unite la farina, lo zucchero ed il miele e incominciate ad impastare. Quando il tutto sarà ben amalgamato unitevi l’albume ed il sale e lavorate fino a quando l’impasto incomincerà ad incordare, quindi potrete aggiungete l’olio a filo.
Impastate fino a quando non si formerà il velo e poi mettete a riposare coperto da pellicola trasparente ed al riparo da correnti  fino al raddoppio. A me ci sono volute 8 ore. A questo punto ho sgonfiato l’impasto, l’ho diviso in tre palline di uguale peso e le ho messe vicine una all’altra all’interno di uno stampo da plumcake, ho protetto di nuovo con pellicola trasparente ed ho lasciato lievitare altre 2 ore, dopo di che ho infornato a forno già preriscaldato a 200′ dopo aver spennellato di latte. Dopo 15 minuti di cottura ho abbassato la temperatura a 190 (nel frattempo però mi si era scurito un po’ troppo) ed ho cotto per altri 15 minuti. Ricordate che il pane per essere cotto deve avere una temperatura al cuore di 192′, quindi se possedete un termometro digitale usatelo!

 

Quando sarà cotto, aspettate che si freddi, foderate di carta alluminio e fate riposare fino al giorno dopo, quando potrete finalmente tagliare le fette più regolarmente possibile e tostarle a 150′ finché non saranno diventate di un bel colore dorato. Si conservano fino ad un mese in un contenitore di latta .
English version
Ingredients:
500 g of your favorite flour
(I have used einkorn wheat)
170 g of sourdough liquid starter
200 g lukewarm water
80 g extra virgin olive oil
An egg white
50 g sugar
two tablespoons of honey
10 g salt
As usual you have to have your liquid started alive and kicking. In this case I fed it only once and it was enough. Put it in your stand mixer bowl and dissolve it in the water using only 100 or 150 g. If you should need more water you will add it later on. Blend and wait until a foam will appear on the surface. Now you will add the flour and the sugar and start to knead. When the dough will be smooth add the egg white and the salt and knead for about 10 minutes, then it will be the time for the extra virgin olive oil. Knead again for ten minutes and then put the dough to rest covered with a plastic wrap until it won’t be doubled in size (in my case 8 hours). Flatten it, divide in 3 balls of equal weight  and put them inside a plumcake baking pan and leave it again until it will double.
Cook in preheated oven at 200° after you will have brushed it with milk. After 15 minutes mine was darken too much so I turned the oven temperature to 190° and cooked for other 15 minutes. Remember that the bread, to be cooked, need to have at the core, a temperature of 92° so if you have a digital thermometer use it! When the bread will be ready, wait for it to cool then covered it with aluminum foil and leave it for the day after, when it will be easier to cut the slices regularly and then toast them in the oven at 150° until they will be a nice golden color. You can store the toasted bread in an airtight tin can. They go up to a month.

Con questa ricetta partecipo a Panissimo di Ottobre, la raccolta di lievitati ideata da Sandra e Barbara ed ospitata questo mese da Degustibus itinera di Maria Teresa

e dalla nostra amica polacca, Zapach Chleba del blog The scent of bread
anche se ancora non ho capito dove inserire ottobre 😉

 

 

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Strana cosa un post sul ragù, per me. In fin dei conti sono vegetariana, ma i miei uomini no e il ragù è una delle loro più grandi passioni. Pur non mangiandolo mi rendo comunque conto del suo valore tradizionale, al di là del suo sapore. Il ragù infatti più che una ricetta è un rito con tutti i crismi, con regole da rispettare e con una tradizione che viene passata di generazione in generazione e che trova la sua origine addirittura nel Medio Evo. Come tutto quello  che riguarda il cibo in Italia, la ricetta varia di regione in regione se non di provincia in provincia e per quel che riguarda Napoli, o’rau varia addirittura di quartiere in quartiere. L’armonia del suo sapore deriva dalla lenta cottura che permette l’amalgamarsi degli ingredienti che si fondono tra di loro creando quasi una sorta di crema. La ricetta del mio ragù è quella di mia madre ed ancora prima della sua mamma e indietro ancora della sua nonna e sarebbe un vero peccato dimenticarsene perché sarà anche una delle tante versioni ma rappresenta il ragù della nostra famiglia ed i ricordi che ad esso sono associati sono tra i più belli della mia infanzia. Quando in cucina c’era profumo di ragù voleva dire che presto la casa si sarebbe riempita di parenti o amici perché il ragù non si mangia da soli, è un piatto di condivisione, è il piatto della domenica per eccellenza, quando la famiglia si riunisce intorno alla tavola, dopo una settimana di pranzi di corsa e ci si prende finalmente il tempo di godere del cibo con lentezza, gustandolo. Prendete questa ricetta con questo spirito, molto semplicemente  un modo per ricordare e conservare le tradizioni della mia famiglia. Non sarà la ricetta perfetta, ma è la nostra e per me è questo il suo grande, unico valore. E non m’importa neppure se il ragù è snobbato,  non proprio una ricetta “da foodblogger”. Lo so che c’è chi non posta le ricette di questo tipo, troppo comuni, ma io ho aperto il blog come una sorta di memoria gustativa per mio figlio e non voglio perdere di vista la mia motivazione. Ben vengano le ricette particolari, ben vengano le ricette etniche ma questa è anche la sua storia ed io voglio che lui la conosca prima ancora di conoscere le ricette degli altri.

 

 
 
 
 
 
 
 
 
Ingredienti:
20 foglie di salvia
Un bel ciuffone di prezzemolo
Una cipolla grande
2 gambi medi di sedano
Una carota cicciotta
5 spicchi d’aglio
2 rametti di rosmarino
3 foglie di alloro
10 cucchiai d’olio (lo so, lo so, ma il ragù mica si fa coi discorsi)
Due barattoli di pelati frullati
Un 3/4 di tubetto di conserva
Carne di vitello possibilmente di anteriore macinata 400 g
Carne di maiale, scamerita, macinata 600 g
2 salsicce
Un bicchiere piccolo di vino rosso buono
Sale, pepe, peperoncino
Per l’impresa ho preso il mio bel tegame Le Creuset di ghisa, adattissimo a questo tipo di preparazioni che necessitano di cotture lente e prolungate e vi ho messo la salvia, il prezzemolo, la cipolla, il sedano, la carota, l’aglio ed il rosmarino tritati molto finemente. Ho condito con l’olio ed ho fatto soffriggere a fuoco vivace per 5 minuti buoni per poi abbassare aggiungendo un poco d’acqua. Ho aggiunto le due carni ed ho alzato il fuoco da moderato a vivace girando continuamente fino a che la carne non si è ben separata ed ha incominciato a sbiancarsi. Ho condito con il sale, pepe e peperoncino e le foglie di alloro e dopo una decina di minuti ho incorporato le due salsicce ed appena insaporite, un bicchiere piccolo di vino rosso di quello buono, mi raccomando. Ho alzato il fuoco per far evaporare il vino, ho unito la conserva sciolta in una mezza lattina d’acqua calda ed i pelati e appena il tutto ha preso l’aspetto giusto, da ragù, ho messo il coperchio, la fiamma al minimo e me ne sono andata.  Dopo un due orette era cotto ma il ragù, che come narra la leggenda metropolitana pare sia l’unica occupazione dei portieri che lavorando in casa possono metterlo al fuoco e lasciarcelo ad ore girandolo e girandolo al bisogno, pare necessiti almeno di almeno 3, 4 ore, magari incominciando il sabato sera e proseguendo la cottura la domenica mattina. Così, contravvenendo ai consigli di mia madre che è la nostra guru del ragù e che mi consigliava una cottura di due, massimo tre ore, ho accontentato il marito che voleva un ragù toscano con cottura napoletana ed ho provato a farlo cuocere in tutto 5 ore. Effettivamente l’aspetto è cambiato, il ragù è diventato più cremoso, con tutti gli ingredienti ben amalgamati e nonostante io non possa commentare il sapore, gli uomini di casa l’hanno mangiato direttamente a cucchiaiate finché non li ho cacciati dalla cucina.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
English version
Ingredients:
20 sage leaves
A big sprig of parsley
A big onion
Two medium celery stalks
A big carrot
5 cloves of garlic
2 rosemary stalkes (only the leaves)
3 bay leaves
10 tablespoons of extra virgin oil
Two cans peeled tomatoes puree
3/4 of a tomato paste tube
400 g good quality beef mince
600 g pork mince
2 sausages
A small glass of good red wine
Salt, pepper and hot chilly powder
Put the parsley, sage, onion, celery, garlic rosemary and carrot finely chopped in a heavy and large pan together with the extra vermin olive oil and fry over high heat for 5 minutes, then add a little bit of hot water and turn the heat to low. Add the two meats, turn the heat to high and when the meats start to look whitish, season with salt, pepper, hot chilly powder and the bay leaves. After 10 minutes add the sausages and a small glass of good red wine, wait for the wine to have evaporated then dissolve the tomato paste in half can of water, add it to the meat together with the canned peeled tomatoes puree and as soon as it has started to boil a little, cover with a lid, lower the heat to the minimum and simmer for at least two hours. I have cooked the ragù for 5 hours. The long cooking makes the ragù much more creamy and all the flavourings perfectly mixed.
Grazie al mio guru della macellazione, Stefano.
Grazie al mio guru della macellazione, Stefano.

 

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Da questa ricetta qua della straordinaria Pat di Pan di Pane

da me lievemente ritoccata

 

 

Ingredienti:

300 g di farina di semola rimacinata Senatore Cappelli
200 g di farina Multicereali del Molino Grassi
280 g di acqua fredda di rubinetto
150 g di licoli rinfrescato due volte oppure 10 g di lievito di birra
Un cucchiaino di miele
10 g di sale
10 g di gomasio

 

Partiamo come sempre con i rinfreschi. Quando il licoli sarà bello carico e pimpante (il mio dopo due rinfreschi), trasferitelo in una ciotola capiente ed aggiungetevi l’acqua fredda. Sciogliete bene mescolando brevemente con le mani, aggiungete le farine, il miele e solo alla fine il sale ed il gomasio ed impastate per non più di 2 minuti sempre usando le mani oppure un mestolo. L’impasto avrà un aspetto grumoso, non omogeneo e piuttosto bagnato ma non preoccupatevi, è così che deve essere. Trasferitelo in un contenitore di plastica con il coperchio non a pressione se possibile perché altrimenti ci sta che alla fine del riposo lo troviate aperto e mettete in frigo a riposare 9,10 ore ma se avete tempo anche di più. Il pane ne guadagnerà. Riportate l’impasto a temperatura ambiente almeno per due ore, fate delle pieghe stendendolo con le mani fino a dargli una forma quadrata e quindi riportare gli angoli verso il centro per due o tre volte ed infine girare la parte con la “cucitura” verso il basso ripiegandola verso l’interno dando una forma rotondeggiante.

Spolverizzare di semola rimacinata un tagliere, adagiatevi la pagnotta, spolverizzatela di altra semola, coprite con un canovaccio e fate lievitare altre due ore circa.

Dopo 1 ora e un quarto mettete la pietra refrattaria in forno ed accendetelo alla massima potenza in modo che le stecche possano essere infornate appena pronte. Tagliate la pagnotta in frustine della dimensione che preferite ed aiutandovi con una pala o con qualcosa che possa essere usato allo stesso modo tipo il sotto di un vassoio, fate scivolare le frustine sulla refrattaria il più velocemente possibile senza però bruciarvi (toccare la refrattaria è un’esperienza che non auguro a nessuno) e spruzzate d’acqua per creare vapore. Abbassate immediatamente il calore a 200° e cuocete per 15 minuti circa, ma molto dipende ovviamente dallo spessore delle vostre stecche. Io ho avuto una fortuna sfacciata, infatti mio marito mi ha acceso il forno a legna e le stecche le ho cotte lì. Beh, il profumo era veramente incredibile.
Questo pane è buonissimo oltre ad essere praticamente ad impegno 0, molto croccante, profumato e ringrazio Pat per aver studiato una versione naturale del mitico No knead bread di Jim Lahey.

English version

of
No knead sticks with liquid sourdough starter
Ingredients:
300 g of re-milled durum wheat flour for bread and 200 g of multigrain flour
or
500 g good bread flour
280 cold tap water
150 g of sourdough liquid starter
A teaspoon of milk
10 g of salt
10 g of gomasio

 

How to:

First of all your liquid started will have to be alive and kicking (feed it at least twice).
Pour it in a bowl and dissolve it in the cold water using your hand, add the flours, the honey and only at the end, the salt and gomasio. Knead quickly, no more than 2 minutes, still using your hands or a wooden spoon. The dough will appear lumpy, quite wet but that’s the way it should look, don’t you worry. Transfer it in a plastic container possibly not closed by pressure otherwise you will probably find your container opened at the end of the rest and put it in the fridge for at least 9 hours. After the rest leave it at room temperature for two hours then fold it like you would fold a napkin, this way and make it roundish. Sprinkle a cutting board with re-milled durum wheat or any other flour, lay the dough, sprinkle with more re-milled durum, cover with a napkin and let it rise for two more hours. After one hour and fifteen minutes put a baking stone in the oven and turn it on at maximum heat.
Cut the dough in sticks and using something like a pizza peel, slide the sticks on the hot baking stone, spraying some water to obtain steam, lowering immediately the oven to 200°.
Cook the sticks for 15 minutes.
This bread is awesome and is practically zero commitment, crunchy, with a fragrant aroma, a natural version of the mythic Jim Lahey’s “no knead bread” . 

 

 

 

 

Ricettina a corsa a corsa dalla Sandra e dalla Barbara per Panissimo di settembre, la raccolta di lievitati ideata dalle due ragazzuole
e dalla nostra amica polacca Zapach Chleba di The scent of bread per la sua raccolta
ospitata questa volta da Akacjowy blog, se ho ben capito (il polacco non è proprio la mia lingua) 😉

 

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